
L’ex ambasciatore Usa Freeman: “L’Italia riconosca la Palestina”. L’Europa? “Vuoto di leadership”
“Se l’Italia crede nell’autodeterminazione per gli ebrei europei (israeliani), dovrebbe logicamente sostenere anche l’autodeterminazione per i palestinesi”. A dichiararlo in un’intervista esclusiva a InsideOver è il diplomatico statunitense Chas W. Freeman, già vicesegretario alla Difesa per gli Affari di sicurezza internazionale dal 1993 al 1994 ed ex ambasciatore degli Stati Uniti in Arabia Saudita durante le operazioni Desert Shield e Desert Storm. Freeman è noto in ambito diplomatico per essere stato vice segretario di Stato per gli Affari africani durante la storica mediazione statunitense per l’indipendenza della Namibia dal Sud Africa e del ritiro delle truppe cubane dall’Angola. Ha inoltre lavorato come Vice Capo Missione e Incaricato d’Affari nelle ambasciate americane sia a Bangkok (1984-1986) che a Pechino (1981-1984). Dal 1979 al 1981 è stato Direttore per gli Affari Cinesi presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ed è stato il principale interprete americano durante la storica visita del presidente Richard Nixon in Cina nel 1972. Lo abbiamo raggiunto per porgli alcune domande sulla guerra in Ucraina e sul genocidio a Gaza.
Qual è la Sua prospettiva sulle recenti proteste in Ucraina contro il presidente Zelensky? C’è il rischio che il leader ucraino possa perdere il potere?
“Il presidente Zelensky è rimasto in carica ben oltre il termine previsto dalla Costituzione ucraina. Ora affronta una forte opposizione interna per le sue recenti azioni volte a eliminare i controlli sulla corruzione, basate sulla diffusa convinzione che egli stesso sia corrotto. Alcuni membri dell’esercito e dei servizi di sicurezza ucraini riconoscono che l’Ucraina sta perdendo la guerra e rischia ulteriori perdite territoriali. Pertanto, si oppongono alle politiche belliche di Zelensky. Ma la minaccia più grande per Zelensky potrebbe essere il presidente Trump e la sua amministrazione, che sembrano aver concluso che egli sia un ostacolo alla pace e debba essere sostituito per aprire la strada a una soluzione negoziata alla guerra”.
Sul fronte militare, la Russia sembra avanzare, mentre l’Ucraina appare affrontare sfide significative. Come immagina che questa guerra si concluderà? È probabile un accordo diplomatico o sono possibili altri scenari?
“Tutte le guerre devono terminare con un’accettazione negoziata dei risultati sul campo di battaglia o, meno comunemente, con la totale sconfitta di una delle parti. Poiché le ambizioni russe sembrano limitarsi all’incorporazione delle regioni russofone dell’Ucraina, alla neutralità dell’Ucraina e all’abbandono dell’ostilità etnolinguistica verso i russi e la Russia, una soluzione diplomatica è possibile, come dimostrato dai negoziati di Istanbul del marzo 2022.Ma per porre fine alla guerra, l’Occidente e l’Ucraina devono essere pronti ad affrontare gli interessi e le richieste russe. Dati i risultati sul campo di battaglia, ciò significa che gli Stati Uniti, le principali potenze europee e l’Ucraina devono essere disposti a fare compromessi dolorosi. Finora non solo manca una posizione comune nella NATO, ma non esiste un piano di pace europeo. Non c’è quindi una base per i negoziati con la Russia. Non aiuta il fatto che gli Stati Uniti rimangano focalizzati in modo irrealistico sul raggiungimento di un cessate il fuoco che la Russia non ha incentivi ad accettare”.
Qual è il Suo pensiero sulla politica di riarmo dell’Unione Europea da 800 miliardi di euro? Molti leader europei sembrano inquadrarla nel contesto di un potenziale conflitto con la Russia.
“Le politiche europee sono contraddittorie e inefficaci. Da un lato, è chiaramente nell’interesse dell’Europa sviluppare la capacità di condurre politiche estere e di sicurezza nazionale più indipendenti dagli Stati Uniti rispetto agli ultimi ottanta anni. Il riarmo europeo è un prerequisito per questo. È anche un antidoto all’austerità fiscale e un potenziale stimolo per l’occupazione europea attraverso il cosiddetto “keynesianismo militare”.Dall’altro lato, l’Europa ha dichiarato l’impegno ad acquistare armi americane per l’Ucraina. Ciò è incoerente con l’obiettivo di un’autosufficienza militare-industriale europea. È anche problematico perché gli Stati Uniti non dispongono di una base industriale militare in grado di produrre armamenti sufficienti per soddisfare sia la domanda interna americana che quella estera.
In ogni caso, armi aggiuntive non salveranno l’Ucraina. La sua debolezza militare risiede nella mancanza di manodopera e in una strategia diplomatica per una coesistenza a lungo termine con il suo vicino russo, non nelle armi. Infine, la politica di riarmo si basa su assunzioni paranoiche riguardo a una minaccia militare russa al resto dell’Europa. Dopotutto, le forze armate russe non sono riuscite ad avanzare molto in Ucraina. Quali sono le prove che abbiano l’ambizione o la capacità di attaccare l’Europa centrale o occidentale? In ogni caso, una risposta puramente militare alla presunta minaccia russa ha molto meno senso rispetto a una che cerchi di ridurre tale minaccia attraverso mezzi diplomatici oltre che militari. Le grandi potenze in Europa hanno la forza politica ed economica per condurre una politica più equilibrata. Ciò che manca loro è immaginazione, unità e determinazione. C’è un vuoto di leadership in Europa”.
Per quanto riguarda Gaza, ritiene che Israele abbia raggiunto i suoi obiettivi?
“No. Israele cerca l’annientamento della presenza palestinese nella Palestina storica, un’ulteriore espansione territoriale e la sicurezza assoluta dalle minacce degli Stati vicini attraverso la loro sottomissione o subordinazione all’egemonia israeliana in Asia occidentale. Questi sono tutti obiettivi in corso che Israele non ha ancora raggiunto, nonostante il flagrante sostegno de facto dell’Occidente”.
In Italia, circa trenta ambasciatori hanno esortato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a riconoscere la Palestina. Pensa che la Meloni dovrebbe seguire l’esempio della Francia?
“Se l’Italia crede nell’autodeterminazione per gli ebrei europei (israeliani), dovrebbe logicamente sostenere anche l’autodeterminazione per i palestinesi. Il riconoscimento di uno stato palestinese allineerebbe l’Italia con i valori occidentali tradizionali che l’attuale tolleranza occidentale per il genocidio nega. Quindi, sì, l’Italia dovrebbe unirsi ad altri paesi europei nel prendere misure per sviluppare una soluzione a due stati in Palestina, piuttosto che limitarsi a parole di facciata”.

Come valuta la performance dell’amministrazione Trump in Medio Oriente finora?
“L’amministrazione Trump ha ereditato politiche americane crudelmente ipocrite e controproducenti verso l’Asia occidentale dall’amministrazione Biden. Ha continuato tali politiche, ma ha ridotto il livello di ipocrisia. Il risultato è stato una continua grave violazione dei diritti umani nel Levante e una sempre più profonda svalutazione globale della posizione morale e dell’influenza americana”.
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