
Accordo Ue-Usa sui dazi, parla l’ex caponegoziatore europeo: «La nostra credibilità danneggiata per sempre» – L’intervista
Nello sterminato elenco di reazioni che ha fatto seguito all’accordo sui dazi siglato tra Donald Trump e Ursula von der Leyen è difficile trovare qualcuno che applauda al risultato ottenuto dall’Unione europea. I giudizi negativi sono piovuti un po’ dappertutto: governi, imprese, associazioni di categoria e non solo. Bruxelles si difende dicendo che l’accordo – siglato a Turnberry, in Scozia, in un golf club di proprietà del presidente americano – ha permesso di scongiurare lo scenario peggiore: dazi al 30% su tutto l’export europeo. Ma davvero non c’era alcuna alternativa? «L’Ue ha dimostrato di essere un negoziatore molto debole, la sua credibilità è stata danneggiata per sempre», spiega in questa intervista a Open John Clarke, ex negoziatore commerciale della Commissione europea ed ex capo della delegazione Ue presso il Wto e l’Onu.
Ha scritto sui social che l’accordo di Turnberry potrebbe passare alla storia come uno dei peggiori accordi commerciali di sempre. Perché?
«Per due ragioni. La prima è che, a differenza di qualunque altro accordo commerciale, riduce il commercio invece di aumentarlo. Imporre un dazio del 15% su quasi tutto l’export europeo danneggerà le imprese e aumenterà i costi per i consumatori. Francamente, credo che si tratti di un accordo anti-commerciale. La seconda ragione ha a che fare con le conseguenze sul lungo termine».
Cosa intende?
«L’Unione europea ha dimostrato di essere un negoziatore molto debole. Nonostante sia il più grande blocco commerciale del mondo e nonostante abbia una politica commerciale comune, l’Ue ha approcciato questi negoziati credendo di avere a che fare con un partner razionale intenzionato a siglare un accordo win-win. Ma questo non è affatto l’approccio di Donald Trump e l’Ue non l’ha capito. In più, gli Stati membri erano divisi sulle contromisure da adottare e la mancanza di unità si è trasformata in un handicap per i negoziatori della Commissione europea».
E quali sono le conseguenze sul lungo periodo di cui parla?
«Penso che la credibilità dell’Unione europea sia stata danneggiata per sempre e che la politica commerciale comune si sia dimostrata fallace. D’ora in poi saremo più deboli sullo scacchiere internazionale e credo che la Cina abbia preso nota di questo accordo con gli Stati Uniti e abbia visto quanto impotente è l’Europa».
Eppure, dalla Commissione europea continuano a ripetere che il peggio – ossia i dazi al 30% – è stato scongiurato. Hanno ragione? Davvero non c’era alcuna alternativa?
«È vero, c’erano alternative peggiori. Un dazio al 30% avrebbe danneggiato moltissimo le imprese europee e l’Ue non si può permettere una guerra commerciale con gli Usa. Questo accordo è stato un esercizio di limitazione del danno. Quindi sì, da un certo punto di vista la Commissione europea ha ragione. Ma comunque non c’è molto di cui essere contenti».
Pensa che l’Ue avrebbe dovuto adottare un approccio più duro di fronte alle minacce di Trump?
«Sì, avrebbe potuto e avrebbe dovuto essere più risoluta fin all’inizio, quando a inizio aprile Trump ha iniziato a imporre dazi. La Cina è stata dura, il Canada è stato duro e lo stesso ha fatto il Giappone, almeno per un po’ di tempo. Anche l’Unione europea avrebbe dovuto fare lo stesso. Credo che Trump sarebbe tornato sui suoi passi se l’Ue si fosse unita fin da subito per approvare contromisure solide».
Lei dice che l’accordo Ue-Usa ridurrà il commercio tra le due sponde dell’Atlantico. Eppure, l’Ue si è impegnata ad acquistare armi ed energia per svariate centinaia di miliardi di dollari. Questo non vuol dire che, almeno in quei due settori, gli scambi aumenteranno?
«Questa è una di quelle parti dell’accordo su cui Usa e Ue hanno detto cose molto differenti nelle rispettive dichiarazioni alla stampa. Washington parla di un chiaro impegno da parte dell’Europa di comprare armamenti, energia e investire nella manifattura americana, ma l’Ue non può fare una promessa del genere e in conferenza stampa ha spiegato che quei numeri riflettono l’intenzione del settore privato e le prospettive di investimento in questi settori».
Per quanto riguarda l’energia, peraltro, sono le imprese a comprare il gas, non i governi.
«Non esiste uno strumento attraverso cui i governi possono costringere le aziende a comprare gas da uno Stato e non da un altro. Ciò che può fare l’Europa è continuare a limitare l’importazione di energia dalla Russia, così da spingere le imprese a cercarla altrove. Se il petrolio o il gas naturale liquefatto americani avranno prezzi attrattivi, le imprese li compreranno, altrimenti no».
La promessa di acquistare combustibili fossili e armi dagli Stati Uniti non contraddice gli obiettivi del Green Deal e di autonomia strategica?
«Questo accordo è pieno di contraddizioni. Molta dell’energia che sarà acquistata dagli Usa è di origine fossile, che è in contrasto con gli obiettivi di sostenibilità europei e provocherà un aumento delle emissioni di gas serra. Quindi sì, si muove in direzione opposta al Green Deal, che è già oggetto di continue modifiche, perciò non credo che sarà una grossa preoccupazione per von der Leyen. Per quanto riguarda le armi, gli investimenti negli Usa vanno senz’altro contro le raccomandazioni dei report di Draghi e Letta, che chiedevano più investimenti in Europa».
Chi ha la “colpa” per questo accordo così sbilanciato? La Commissione europea o i governi?
«Non mi piace molto l’idea di addossare le colpe per ciò che è successo, ma credo che la Commissione sia stata molto naive nel modo in cui ha approcciato le trattative. Detto questo, sono sicuro che la Commissione avrebbe preferito avere un solito supporto degli Stati membri per rispondere ai dazi di Trump, ma questo non è avvenuto. L’Italia e la Germania, in particolare, sono state molto caute, a differenza della Francia».
Molti governi hanno criticato apertamente l’accordo raggiunto tra von der Leyen e Trump. Cosa può accadere ora? C’è ancora spazio per ottenere qualche concessione in più rispetto a quanto annunciato?
«Come disse Winston Churchill, questa è solo la fine dell’inizio. Ci sono ancora molte questioni irrisolte, a partire da cosa prevede l’accordo per le auto, la farmaceutica o per l’approvazione di quote nel commercio di acciaio e alluminio. C’è ancora molta confusione su ciò che è stato già deciso e ciò che è ancora da decidere, il diavolo sta nei dettagli e ci sono ancora molti nodi da sciogliere. Quindi no, non è ancora finita. In più, negli Usa continuano a esserci cause legali in corso sull’effettiva legalità dei dazi di Trump».
Nei mesi scorsi, Giorgia Meloni si è fatta avanti per fare da ponte tra Usa e Ue e strappare un accordo migliore. Ha fallito? Oppure non le è stata data la chance di provarci?
«Sicuramente non ha avuto successo, e non perché la Commissione europea ha provato a trattenerla. Anzi, Meloni è andata a trovare Trump nello Studio Ovale e ha chiarito fin da subito che non era lei a guidare le trattative per l’Europa. È stata fedele all’Ue e ha facilitato il dialogo, ma la sua strategia non ha funzionato. In fin dei conti, a Trump non importa di lei. Gli importa solo dei suoi dazi e di far arricchire se stesso e i suoi amici».
Dazi, Merz “insoddisfatto”: “Dall’accordo danni alla nostra economia” | Ue: “Nessun impegno con gli Usa su Web Tax e Big Tech”
Dopo l’accordo sui dazi raggiunto da Trump e von der Leyen, fonti Ue chiariscono che “durante i negoziati, sia a livello tecnico che politico, abbiamo difeso con determinazione l’autonomia dell’Ue in materia normativa”. Non è stato quindi preso nessun impegno con Washington in materia di Big Tech e Web Tax, puntualizzano le stesse fonti, che precisano: “Abbiamo tutelato con fermezza il nostro diritto a regolamentare”. E gli Stati Uniti ribadiscono: dall’Ue nessuna tassa sulle reti digitali. Il cancelliere tedesco Merz si è detto “insoddisfatto”: “Dall’intesa danni alla nostra economia”.
Dazi, Trump e von der Leyen trovano l’accordo sul 15% | Medvedev shock: accordo umiliante per la Ue, divertente se la von der Leyen venisse impiccata
Meloni: “Intesa positiva, ma c’è ancora da battersi”. Bruxelles effettuerà 600 miliardi di investimenti negli Stati Uniti e acquisterà 750 miliardi di dollari di energia e armi. Orban: “Trump si è mangiato von der Leyen a colazione”
Usa e Ue hanno raggiunto l’accordo sui dazi. Il presidente americano Donald Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno suggellato l’intesa sul 15% durante un incontro in Scozia. Esclusi dai negoziati l’acciaio e l’alluminio. Trump ha sottolineato che l’Ue effettuerà 600 miliardi di dollari in investimenti negli Usa e acquisterà 750 miliardi di dollari di energia e armi. Dopo l’entrata in vigore delle imposte mercantili, il 1° agosto, la Commissione Ue prevede la sospensione delle contromisure europee a partire dal 4, evitando così l’attivazione fissata per il 7 agosto. Soddisfatta la von der Leyen: “Sono state trattative difficili, ma siamo giunti a una buona conclusione. Abbiamo anche concordato dazi ‘zero per zero’ su una serie di prodotti strategici”. Il governo italiano accoglie “positivamente” la notizia, che “scongiura il rischio di una guerra commerciale in seno all’Occidente, che avrebbe avuto conseguenze imprevedibili”. Giorgia Meloni ha però osservato che “c’è ancora da battersi” perché l’intesa è “di massima e giuridicamente non vincolante”. Dalla Russia frasi shock di Medvedev: È ora che gli europei “prendano d’assalto Bruxelles e impicchino tutti i commissari europei, inclusa, ovviamente, la vecchia pazza lady Ursula, ai pennoni delle bandiere dei Paesi dell’Ue. Non servirà a niente, certo, ma almeno sarà divertente”. Questo accordo con Trump è umiliante per la Ue
Bonelli: Meloni festeggia un disastro, Italia colonia Usa
“Altro che intesa storica: quello firmato ieri in Scozia è un accordo che certifica la resa dell’Europa e il fallimento delle politiche del governo Meloni. Von der Leyen, con il consenso di Giorgia Meloni, ha venduto l’anima a Trump per favorire gli interessi degli Stati Uniti. Meloni sostiene che l’accordo sia sostenibile per l’Italia, ma è l’esatto contrario di quanto denunciano le organizzazioni delle imprese e degli industriali, che parlano di un danno da 23 miliardi di euro e della perdita di 100.000 posti di lavoro. È stata una vera e propria capitolazione di fronte al predatore Trump, che ha imposto all’Europa e all’Italia l’acquisto di gas e armi. Spendere 750 miliardi di euro in gas americano significa dire addio alla transizione energetica e costringere famiglie e imprese italiane a bollette sempre più care”. Così Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa Verde, all’indomani dell’accordo firmato in Scozia tra Usa e Ue.
Verhofstadt: “L’intesa sui dazi è scandalosa, mal negoziata”
“L’accordo tra l’Ue e gli Usa” sui dazi “è scandaloso, un disastro, senza alcuna concessione da parte americana. Mal negoziato”. Lo scrive su X l’ex premier belga ed ex caponegoziatore della Brexit per il Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, esponente dei liberali e oggi presidente della rete per l’integrazione europea European Movement.
Renzi: resa incondizionata, sovranisti fanno male al mondo
“L’accordo tra Stati Uniti ed Europa sui dazi non è un accordo: è la resa incondizionata dell’Europa al sovranismo di Trump. La verità è che i sovranisti fanno male al mondo”. Lo scrive il leader di Iv Matteo Renzi nella sua enews. “E se oggi il governo americano festeggia – aggiunge – accordi coloniali di questo genere porteranno sul medio periodo gli Stati Uniti a perdere la propria forza morale ed economica. Con il piano Marshall l’America ha guidato il mondo per decenni, con le tariffe l’America fa del male innanzitutto ai propri alleati europei. Il sovranismo fa male all’Italia, fa male all’economia, fa male alla libertà. E sul medio periodo persino agli americani. Per uno come me, cresciuto con il mito degli Stati Uniti democratici di Kennedy e Clinton, è arrivato il momento di rimpiangere persino la destra di Ronald Reagan, i cui discorsi contro i dazi, non a caso, sono tornati di moda in queste settimane. La destra liberale e liberista non avrebbe mai potuto partorire un obbrobrio economico e giuridico come quello di queste ore. E la destra europea di Kohl, Chirac, Berlusconi, Aznar e ovviamente della Thatcher non avrebbe mai accettato un accordo del genere”, conclude.
Fonti Ue: i contro-dazi saranno sospesi dal 4 agosto
La Commissione Ue attende che i decreti esecutivi degli Stati Uniti per l’introduzione del dazio del 15% vengano effettivamente adottati il primo agosto e, subito dopo, prevede la sospensione delle contromisure europee a partire dal 4 agosto. Si eviterà così l’attivazione fissata per il 7 agosto. Lo riferiscono fonti Ue all’indomani dell’accordo sui dazi raggiunto con l’amministrazione Trump. Le contromisure, già approvate dagli Stati membri, restano comunque pronte e potrebbero essere riattivate se necessario. Tuttavia, precisano le stesse fonti, “non è da questa ipotesi che si partirà per la nuova fase delle relazioni transatlantiche”.
Dazi Usa-Ue, Pechino: “No ad accordi che danneggino la Cina”
La Cina si oppone “fermamente a qualsiasi parte che cerchi di raggiungere un’intesa a scapito degli interessi cinesi”. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri mandarino, Guo Jiakun, commentando l’accordo sui dazi tra Stati uniti e Unione europea.
Orban: “Trump si è mangiato von der Leyen a colazione”
Donald Trump “si è mangiato Ursula von der Leyen a colazione”. Lo ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orbán, commentando l’incontro tra i due leader per siglare l’intesa sui dazi. “Questo non è stato un accordo, Trump è un peso massimo nelle negoziazioni, mentre Madame President è un peso piuma”.
Dazi, verso una proroga della tregua commerciale tra Usa e Cina
Cina e Stati uniti dovrebbero annunciare un’estensione di tre mesi della loro tregua tariffaria in occasione dei colloqui commerciali che iniziano lunedì a Stoccolma. Lo scrive il South China Morning Post, citando fonti vicine al negoziato. A maggio, le due maggiori economie mondiali avevano concordato di sospendere per 90 giorni la maggior parte dei dazi doganali imposti reciprocamente, per consentire il proseguimento delle trattative entro il 12 agosto. Nel terzo round di negoziati commerciali, entrambe le delegazioni illustreranno le rispettive posizioni su questioni ancora irrisolte, come le preoccupazioni statunitensi sulla sovraccapacità industriale cinese. Secondo le fonti, non si attendono però svolte significative.
Media: gli Usa congelano la stretta sull’export hi-tech verso la Cina
Gli Usa hanno congelato le restrizioni sulle esportazioni di tecnologia verso la Cina per evitare di compromettere i negoziati commerciali con Pechino e di aiutare il presidente Donald Trump a strappare un incontro con l’omologo Xi Jinping nel 2025. Lo riporta il Financial Times, a poche ore dal nuovo round negoziale di Stoccolma tra le delegazioni di Usa e Cina, citando più fonti vicine al dossier, secondo cui al Bureau of Industry and Security del Dipartimento del Commercio americano, che gestisce i controlli sull’export, è stato chiesto negli ultimi mesi di evitare mosse dure contro la Cina.
Dazi, New York Times: “L’accordo Usa-Ue è una grande vittoria politica per Trump”
L’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione europea rappresenta “un’importante vittoria politica per Donald Trump, dopo mesi di promesse roboanti che avevano tardato a produrre risultati”. È quanto si legge in un editoriale del quotidiano New York Times secondo cui il presidente americano, in difficoltà su più fronti e in particolare per lo scandalo legato al caso Epstein, aveva urgente bisogno di una vittoria sul fronte del commercio internazionale.
Meloni-Tajani-Salvini: “Evitato lo scontro frontale tra le due sponde dell’Atlantico”
“La soluzione negoziata” sui dazi “è un risultato a cui le Istituzioni europee e gli Stati membri, inclusa l’Italia, hanno lavorato con grande impegno e facendo squadra comune, evitando di cadere nella trappola di chi chiedeva di alimentare uno scontro frontale tra le due sponde dell’Atlantico”. Lo affermano il premier Giorgia Meloni e i due vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini in una dichiarazione congiunta. “Il governo italiano – aggiungono – continuerà a perseguire l’obiettivo di mantenere salda l’unità dell’Occidente, con la consapevolezza che ogni divisione ci renderebbe tutti più deboli ed esposti alle sfide globali”. “L’accordo garantisce stabilità, aspetto fondamentale per i rapporti tra due sistemi economici e imprenditoriali fortemente interconnessi tra loro, come sono quelli dell’Unione Europea e degli Stati Uniti”, concludono
Lo studio: “Irlanda, Italia, Germania e Francia tra i Paesi Ue più esposti ai dazi”
L’Irlanda è il Paese Ue più esposto ai dazi americani, seguita da Italia, Germania e Francia. Lo rivela uno studio del think tank Bruegel, che ha stimato l’impatto di tariffe tra il 15 e il 30% nei Ventisette in relazione ai posti di lavoro legati all’export oltreoceano. In Irlanda, il 13% dell’occupazione è legato a settori vulnerabili come chimica, agroalimentare e riparazioni, un dato che sale ulteriormente includendo i farmaci. L’Italia segue con un’esposizione all’11%, trainata da auto, moda e farmaceutica. Germania e Francia si attestano attorno al 9%, con pesi diversi tra automotive, beni industriali e lusso.
Trump: “Ue acquisterà dagli Usa energia e armi”
“L’Unione europea acquisterà 750 miliardi di dollari di energia”. Lo ha detto Donald Trump. Inoltre, l’Ue acquisterà “un’enorme quantità di equipaggiamento militare. Non sappiamo a quanto ammonta, ma la buona notizia è che produciamo il miglior equipaggiamento militare al mondo”, ha aggiunto il presidente Usa.
Trump: “L’Ue effettuerà 600 mld investimenti in Usa”
L’Ue effettuerà 600 miliardi di dollari in investimenti negli Usa. Lo ha annunciato Donald Trump.
Von der Leyen: “Abbiamo il 50% di chance per raggiungere un’intesa con gli Usa”
“Penso che il presidente Trump abbia ragione, abbiamo il 50-50 di possibilità” di raggiungere l’intesa sui dazi, “si tratta di riequilibrare” gli scambi transatlantici. Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in Scozia, durante un punto stampa con il presidente americano Donald Trump.
Medvedev: accordo umiliante per Ue, divertente se von der Leyen impiccata
L’accordo sui dazi fra Stati Uniti e Ue “è completamente umiliante per gli europei, poiché è vantaggioso solo per gli Stati Uniti: rimuove la protezione del mercato europeo azzerando i dazi sui prodotti americani, crea enormi costi aggiuntivi per l’industria e l’agricoltura in molti Paesi dell’Ue per finanziare la costosa energia americana e reindirizza un potente flusso di investimenti dall’Europa agli Stati Uniti”. Così l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo. “È ora” che gli europei “prendano d’assalto Bruxelles e impicchino tutti i commissari europei, inclusa, ovviamente, la vecchia pazza lady Ursula, ai pennoni delle bandiere dei Paesi dell’Ue. Non servirà a niente, certo, ma almeno sarà divertente”, ha aggiunto Medvedev, riferendosi alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che ieri ha raggiunto l’accordo in un incontro in Scozia con Donald Trump.
Fonti Ue: “Su esenzioni a dazi Usa per il vino negoziamo”
“Le trattative” su possibili esenzioni per il vino “sono ancora in corso, al momento non c’è una tempistica precisa, ma sembrano esserci progressi più significativi sul fronte dei distillati”. Lo spiegano fonti Ue all’indomani dell’accordo sui dazi raggiunto con gli Stati Uniti che prevede una tariffa del 15% anche per l’agroalimentare europeo con alcune eccezioni da definire.
Sefcovic: “Senza intesa, scambi Ue-Usa sarebbero crollati”
“Fermiamoci per un momento e consideriamo l’alternativa all’intesa sui dazi raggiunta con Washington: una guerra commerciale può sembrare allettante per alcuni, ma comporta gravi conseguenze. Con i dazi almeno al 30%, il nostro commercio transatlantico si sarebbe arrestato, mettendo a grave rischio quasi 5 milioni di posti di lavoro, compresi quelli nelle Pmi in Europa”. Lo ha detto il commissario Ue per il Commercio, Maros Sefcovic, durante un punto stampa. “Le nostre aziende ci hanno inviato un messaggio unanime: evitare l’escalation e lavorare verso una soluzione che fornisca risultati immediati”, ha aggiunto.
Fonti Ue: “Liberalizzazioni mirate all’agroalimentare Usa”
L’Ue ha accettato di azzerare i dazi su una serie di prodotti agroalimentari non sensibili provenienti da oltreoceano, per un valore di circa 70 miliardi di euro di importazioni. Lo affermano fonti Ue, spiegando che su determinate categorie i dazi attuali compresi tra il 2-4% saranno eliminati. Tra i prodotti inclusi figurano frutta secca, soia, aragoste, pesce, formaggi, alcuni prodotti lattiero-caseari, pet food, fertilizzanti e prodotti chimici, questi ultimi anche in funzione di alternativa alle forniture russe. “Non c’è alcuna concessione sui beni agricoli sensibili – precisano le fonti -: non sono inclusi manzo, zucchero, etanolo o pollame”.
Sanchez: appoggio l’accordo Ue-Usa ma senza entusiasmo
“Apprezzo lo sforzo della Commissione Ue, l’atteggiamento costruttivo a favore della negoziazione della presidente” Ursula von der Leyen, “appoggio l’accordo commerciale” raggiunto tra Ue e Usa, “ma senza entusiasmo”. Lo ha detto il premier spagnolo Pedro Sanchez, in conferenza stampa alla Moncloa. Sanchez ha poi sottolineato l’importanza di stringere relazioni commerciali con altri Stati e a questo proposito ha detto di sperare che “la Spagna sia ascoltata dai paesi che hanno dubbi” sull’accordo tra Ue e Mercosur.
Dazi Usa, Renzi e Schlein gridano allo scandalo: «Resa incondizionata a Trump». Tajani: «Intervenga la Bce»
C’è chi stringe la mano di Donald Trump con un sorriso soddisfatto, chi è consapevole del passo e già prepara le prossime mosse e chi attacca a tutto spiano l’accordo raggiunto a pochi giorni dal gong: l’intesa trovata tra Unione europea e Stati Uniti sui dazi al 15% ha frantumato il panorama politico. Il centrodestra ha salutato la mossa della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, pur guardando all’immediato futuro. Nella pratica, chiedere mosse alla Bce e tenere un tavolo comune con gli imprenditori per «sapere da loro cosa serve per sostenerle e applicare il piano di azione dell’export», ha anticipato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Dalle opposizioni lo sdegno è unanime contro «l’incapacità di von der Leyen» e contro «la resa dell’Europa a Trump». Bruxelles per adesso si limita a comunicati correttivi, in cui specifica alcuni dettagli dell’intesa.
La difesa di Bruxelles: «Non avevamo scelta, consideriamo l’alternativa»
Per von der Leyen non c’era scelta: o l’accordo al 15% (con tutta una serie di condizioni a latere) o la botta delle tariffe al 30%. «Fermiamoci per un momento e consideriamo l’alternativa: una guerra commerciale avrebbe messo a grave rischio quasi 5 milioni di posti di lavoro, arrestando il nostro commercio transatlantico», ha spiegato oggi Maros Sefcovic, commissario Ue per il Commercio. Un accordo che, nelle parole di Sefcovic, era stato richiesto a gran voce dalle aziende: «Ci hanno inviato un messaggio unanime: evitare l’escalation e lavorare verso una soluzione che fornisca risultati immediati».
Tajani chiama la Bce: «Tagliate i tassi, dobbiamo tornare competitivi»
Per la maggioranza non c’è tempo da perdere. I dazi al 15% sono sì meglio di tariffe doppie, ma sono comunque una botta per l’economia. «I sostegni alle imprese vanno assolutamente dati», ha commentato il leader di Forza Italia ventilando un intervento pratico di Bruxelles per assestare la situazione economica. «Bisogna parlare del rapporto euro-dollaro. Questo è il nodo da affrontare: la Bce deve intervenire e ridurre ancora il costo del denaro, siamo al 2% e si può arrivare anche a zero», ha aggiunto chiedendo mosse pratiche per adeguare la moneta europea alla svalutazione del dollaro in corso ormai da mesi e «rendere più competitivi i nostri prodotti». Per parlare di correzioni future all’accordo è invece ancora troppo presto: «Non sappiamo neanche l’effetto reale».
L’ira delle opposizioni: «Questo è colonialismo»
Dalle opposizioni sono piovute critiche pesantissime alla gestione di Ursula von der Leyen ma anche alla maggioranza, che ha sostenuto l’avvicinamento di Bruxelles alla Casa Bianca. L’accordo, secondo la segretaria del Pd Elly Schlein, «ha i tratti di una resa alle imposizioni americane». Secondo la leader dem, Bruxelles avrebbe «spinto per una linea morbida e accondiscendente», andando di fatto a giocarsi – secondo le stime – oltre 23 miliardi in export e 100mila posti di lavoro. Tasto dolente sono le promesse di investimento negli Stati Uniti, che nella lettura di Schlein Bruxelles avrebbe tolto dal possibile rinnovamento del programma di investimenti Next Generation EU. Per il Movimento 5 Stelle, Ursula von der Leyen è stata «incapace» e l’accordo «costerà caro all’Italia e all’Europa: prima va a casa meglio è». Di sicuro l’attacco più duro arriva da Matteo Renzi: «I sovranisti fanno male al mondo, all’Italia, all’economia e alla libertà», ha scritto sui social etichettando l’accordo «un obbrobrio economico e giuridico». Da Ronald Reagan a Silvio Berlusconi fino a Margaret Thatcher, tutti i grandi della destra europea sono chiamati in causa: «Li rimpiango, non lo avrebbero mai accettato». Il leader di Italia Viva ha poi concluso: «Tutti a dire: facciamoci andare bene questo 15%. È una follia, siamo al colonialismo. Mandare Ursula von der Leyen a trattare con Trump è come mandare Cappuccetto rosso dal lupo».
Consumato un quarto delle scorte di missili: allarme dopo il conflitto Israele-Iran
Durante la guerra lampo di 12 giorni tra Israele e Iran dello scorso giugno, gli Stati Uniti hanno utilizzato circa un quarto delle loro scorte di intercettori missilistici Thaad, lanciandone tra i 100 e i 150 per sventare un’ondata di missili balistici iraniani. Lo riporta la Cnn, citando due fonti informate sull’operazione.
Washington, che dispone attualmente di sette sistemi Thaad, ne aveva dispiegati due in Israele per proteggere il suo alleato. L’intenso utilizzo degli intercettori in un periodo così breve ha messo in luce una criticità nella capacità di risposta missilistica americana, aggravata dalla lentezza nel rimpiazzare le scorte: secondo i dati del Pentagono, nel 2023 sono stati prodotti solo 11 nuovi missili Thaad, e per quest’anno se ne attendono 12.
Il sistema Thaad (Terminal High Altitude Area Defense) rappresenta uno dei pilastri più avanzati della difesa antimissilistica statunitense. Prodotto da Lockheed Martin per conto del Pentagono, è progettato per intercettare missili balistici a corto e medio raggio durante la fase terminale del loro volo, ovvero quando stanno per rientrare nell’atmosfera terrestre. A differenza di altri sistemi che utilizzano testate esplosive, neutralizza le minacce colpendole direttamente con energia cinetica, distruggendole per impatto. Ogni batteria è composta da radar ad alta precisione (in particolare l’AN/TPY-2 della Raytheon), da un centro di comando e controllo, da lanciatori mobili e da intercettori capaci di raggiungere bersagli fino a 200 km di distanza e oltre 150 km di altitudine. È un sistema completamente mobile, che può essere rapidamente dispiegato in teatri di crisi.
Utilizzato in Corea del Sud e richiesto da altri alleati come l’Arabia Saudita, non è pensato per contrastare missili intercontinentali, ma è considerato strategico per proteggere basi e infrastrutture in aree ad alto rischio. Il suo costo, però, è elevato: circa 11 milioni di dollari per singolo intercettore. Questi fattori contribuiscono a spiegare le preoccupazioni emerse dopo l’impiego intensivo del sistema durante il conflitto tra Israele e Iran, che ha esaurito in pochi giorni una porzione significativa delle scorte americane. Sebbene i dati sull’inventario esatto degli intercettori siano classificati, i dati annuali sugli acquisti di missili possono fornire un’approssimazione. I maggiori acquisti di missili Thaad nel 2018 e nel 2019 hanno contribuito a livelli di inventario ragionevolmente elevati, ma gli acquisti recenti sono stati relativamente modesti, suscitando preoccupazione alla luce dei nuovi conflitti in Medio Oriente.
L’emergere di questa vulnerabilità strategica arriva in un momento in cui il sostegno dell’opinione pubblica americana alla difesa di Israele è ai minimi storici, e solleva interrogativi più ampi sulla prontezza globale degli Stati Uniti. Ex funzionari della Difesa e analisti missilistici hanno espresso preoccupazione per la capacità dell’industria americana di rigenerare rapidamente tali armamenti ad alta tecnologia. Interpellato sul tema, il portavoce del Pentagono Kingsley Wilson ha rassicurato: “Le forze armate statunitensi sono le più forti di sempre e hanno tutto il necessario per svolgere qualsiasi missione, ovunque e in qualsiasi momento”.