Gli ultimi sondaggi evidenziano un quadro politico statico, con l’astensione al 49,4%. Fratelli d’Italia resta il primo partito, mentre il Partito Democratico fatica a consolidare la propria posizione. Forza Italia supera il Movimento 5 Stelle.
Il contesto internazionale e l’effetto sui sondaggi
Gli equilibri politici italiani sembrano sempre più condizionati dagli eventi internazionali. Guerra in Ucraina, tensioni in Medio Oriente, dazi statunitensi e proposte europee su difesa e ambiente sono fattori che si riflettono sulle preferenze elettorali. L’ultimo sondaggio Tecnè per Mediaset, pubblicato il 4 marzo 2025, conferma un trend consolidato: Fratelli d’Italia mantiene il primo posto con il 29,7%, mentre il Partito Democratico resta stabile al 22,5%, segnando una fase di difficoltà nel costruire un’alleanza ampia e coesa nel centrosinistra.
L’elemento più significativo della rilevazione è il sorpasso di Forza Italia sul Movimento 5 Stelle. Il partito guidato da Antonio Tajani raggiunge il 11,4%, superando il 11,2% del M5S, in calo rispetto ai dati precedenti. La Lega si attesta all’8,1%, mentre Alleanza Verdi-Sinistra si ferma al 6,1%.
Il problema principale della politica italiana resta l’altissimo tasso di astensione, che sfiora il 49,4%, segno di una crescente disaffezione degli elettori nei confronti dell’offerta politica.
La crisi del centrosinistra e le tensioni interne al Pd
Uno degli aspetti centrali del sondaggio è la crisi interna del Partito Democratico. Il dibattito sul piano di riarmo europeo proposto dalla presidente della Commissione UE Ursula Von der Leyen ha ulteriormente acuito le divisioni all’interno del partito. Elly Schlein si è schierata contro il progetto, in contrasto con l’ala riformista rappresentata da Paolo Gentiloni, che invece lo considera un passo necessario per la sicurezza dell’Europa.
La posizione della segretaria dem non trova però riscontro nel gruppo Socialisti e Democratici a Bruxelles, che ha espresso sostegno alla strategia di Von der Leyen. Questo ulteriore scollamento tra il Pd e i partner europei complica ancora di più la situazione per la Schlein, già alle prese con una base elettorale divisa.
Sicurezza e percezione dell’operato del governo
Di fronte agli scenari internazionali di crescente instabilità, il tema della sicurezza rimane al centro del dibattito politico italiano. Il sondaggio ha chiesto agli elettori un giudizio sull’azione del governo Meloni in questo settore.
- Il 51% degli intervistati ritiene che si dovrebbe fare di più per affrontare le minacce alla sicurezza.
- Il 34% esprime invece un giudizio positivo sull’operato del governo di centrodestra.
Le tensioni globali, le sfide economiche e le divisioni interne ai partiti continueranno a influenzare le prossime dinamiche politiche, con un panorama ancora incerto in vista delle future elezioni.
Il caos sul riarmo Ue mette per la prima volta Schlein in discussione
I riformisti del Pd, che regolarmente si incontrano per discutere il da farsi, l’hanno ribattezzata «l’attivista». È il soprannome che hanno dato alla segretaria Elly Schlein, a capo del più grande partito di opposizione. «L’attivista Schlein» conserva una naturale componente di movimentismo, molta piazza e poca arte di governo di un partito. Non il massimo per una leader che aspirerebbe a costruire una valida alternativa alla destra di Giorgia Meloni. Il fatto che questa definizione si diffonda soprattutto adesso, con il caos sul riarmo dell’Europa, è interessante, perché segnala l’intenzione, da parte dei riformisti dem, di ritrovare una rotta. Quasi fosse finita la fase dell’ascolto.
Schlein ha d’altronde avuto due anni di tempo a disposizione senza incontrare troppe resistenze interne. Senz’altro non quella di Stefano Bonaccini, che in teoria sarebbe il suo avversario interno. Un avversario non di “corrente”, perché nel Pd questa parola non si può più usare. Anche prima per la verità venivano chiamate componenti. Ma soprattutto ora l’ostilità nei confronti di tutto ciò che è considerato uno “spiffero” è conclamata. Piero Fassino, con la sua saggezza di leader antico, dice che una quota di movimentismo, di identitarismo politico, di attivismo deve essere socialmente accettata dentro un partito. Perché serve anche quella. Entro certi limiti, pare sia il sottinteso. Per la prima volta insomma da quando c’è questa segreteria, Elly Schlein si trova al centro di un dibattito sul futuro del Pd. Però, mentre prima l’opposizione interna aveva un nome da rilanciare come possibile avversario, che poi naturalmente spuntava nel dibattito pubblico tra interviste e interventi sui social, stavolta l’alternativa manca. D’altronde questa non è più l’epoca dei Matteo Renzi, respinti come un corpo estraneo. Ma difficilmente chi è dentro il Pd, da riformista, accetterà ulteriori radicalizzazioni.
Piazza sì, piazza no: il rischioso inseguimento del M5s contiano
Una evidente radicalizzazione è quella che porterebbe l’inseguimento di Giuseppe Conte sul terreno del pacifismo irenico. L’altro giorno il capo del M5s ha attaccato Ursula von der Leyen per il piano di riarmo dell’Unione europea. Ha detto che non sarà in piazza il 15 marzo per la manifestazione lanciata da Michele Serra. «Per che cosa? Per quale Europa? L’Europa della von der Leyen? Adesso c’è da prendere posizione su questo. Le nostre idee sono chiare, sono per un’Europa che investa a favore dei cittadini, un’Europa più verde e solidale, non l’Europa del riarmo, non l’Europa delle armi. Questo va chiarito. E per questa ragione, che non possiamo dire in questo momento, più Europa se è quella della von der Leyen». Schlein come al solito è apparsa più dialogante perché “testardamente unitaria” di fronte all’ipotesi invece di partecipare alla piazza del M5s del 5 aprile, in teoria sulle bollette, poi si vedrà. «Avevo proposto a Conte di costruire una piattaforma comune sui temi sociali, mi pare che l’intenzione sia un’altra e quindi valuteremo in base alla piattaforma che adotteranno», ha detto Schelin al Manifesto. «In passato, quando manifestarono contro la precarietà, siamo passati per un saluto al corteo. Non è escluso che si possa ripetere, vedremo». Alla manifestazione del 15 marzo, invece, «partecipiamo», ha specificato la leader dem. «Non difendiamo solo l’esistente, difendiamo i valori. La strada di von der Leyen non è quella giusta, allora scendiamo in campo per cambiare».
Sul piano Ursula la linea di demarcazione più netta l’ha posta Gentiloni: è lui l’alternativa?
L’“attivista Schlein” dunque ha più di una riserva nei confronti del piano europeo di von der Leyen. Per la verità anche tra i riformisti del Pd c’è chi è contrario all’uso dei fondi di coesione per il piano ReArm Europe. Ma la linea di demarcazione più netta, sul tema, l’ha posta l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il cui interventismo politico sta crescendo. Dalla sua ha l’autorevolezza dell’ex capo del governo ed ex commissario europeo. Non è chiaro se possa diventare l’alternativa di cui si parlava poc’anzi, ma di sicuro è il più titolato a poterlo fare. Dovrà vincere la concorrenza di qualche altro ex, come l’ex presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini, oggi europarlamentare, che però tutto sommato si è parecchio allineato all’“attivista Schlein” in questi mesi.