Qatargate chiesta la revoca dell’immunità per le dem Gualmini e Moretti

Qatargate: chiesta la revoca dell’immunità per le dem Gualmini e Moretti

AGI – La richiesta di revoca di immunità al Parlamento europeo, avanzata dalla procura federale belga nell’ambito dello scandalo corruzione Qatargate, riguarderebbe le eurodeputate del Pd Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti. Lo riporta il quotidiano belga Le Soir.

La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, informerà l’Aula della richiesta di revoca dell’immunità all’apertura della sessione plenaria che si terrà la prossima settimana a Strasburgo. Partirà poi l’iter che coinvolge la commissione giuridica (Juri) che si esprimerà sulla richiesta e si terra’ infine un voto in plenaria. Finora erano state concesse tutte le richieste di revoca avanzate nell’ambito del Qatargate.

L’inchiesta Qatargate

Il Qatargate è considerato il più grosso scandalo che ha colpito l’europarlamento. Ha coinvolto diverse figure anche di altissimo profilo dell’Unione Europea, accusate di aver accettato denaro in cambio di un aiuto politico per migliorare l’immagine del Qatar.

Dall’inchiesta belga sarebbe stato individuato “un gruppo indeterminato e molto ampio di persone” dedito alla consumazione di “fatti di corruzione” che avrebbe operato all’interno di “strutture europee con o senza legami con l’Unione Europea”. È quanto emerge dal decreto di perquisizione eseguito nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza, su delega della procura di Milano, nell’ambito di un ordine di investigazione europeo richiesto attraverso Eurojust dalla procura federale di Bruxelles.

 

l governo di Giorgia Meloni accelera sulla conversione dell’industria automobilistica italiana verso il settore bellico.

Negli ultimi anni, il settore automobilistico ha vissuto una fase di profonda trasformazione, questo Giorgia Meloni lo sa bene. La transizione verso l’elettrico, la concorrenza asiatica e le nuove normative ambientali hanno messo sotto pressione molte aziende, soprattutto quelle italiane, storicamente legate all’industria tedesca. Mentre la Germania ha già avviato un processo di riconversione per mantenere attiva la propria filiera industriale, l’Italia si trova di fronte a un bivio: rischiare il declino o trovare nuove opportunità di crescita.

Il legame tra crisi dell’auto e difesa nazionale

La geopolitica sta giocando un ruolo sempre più cruciale nelle scelte economiche. Il riarmo in Europa, in seguito alla guerra in Ucraina, ha portato a un aumento esponenziale degli investimenti nella difesa. La Germania, per esempio, ha stanziato oltre 200 miliardi di euro per rafforzare il settore militare, con effetti positivi su tutta la filiera produttiva.

Il governo italiano, consapevole delle difficoltà del comparto automotive, sta valutando un piano per agevolare la riconversione di alcune aziende verso la componentistica bellica. La premier Giorgia Meloni ha discusso il tema con i ministri dell’Economia, delle Imprese e della Difesa, evidenziando come la tenuta occupazionale dipenda sempre più dalla capacità di adattarsi ai nuovi scenari industriali.

«L’auto non fa più status», avrebbe osservato la premier, sottolineando come la vendita di veicoli «è destinata a diminuire progressivamente dappertutto». Inoltre, Meloni ha evidenziato che molte aziende italiane legate alla filiera tedesca «sono in sofferenza» e che ciò potrebbe rappresentare «nel medio periodo un serio problema sulla tenuta dell’occupazione».

Il progetto di riconversione e le sue implicazioni

L’idea di riconvertire parte dell’industria automobilistica non è una novità assoluta, ma il governo Meloni sta accelerando il processo. Il piano, che potrebbe svilupparsi nell’arco di dieci anni, prevede incentivi per le aziende che investiranno nella produzione di mezzi corazzati, droni e tecnologie per la difesa.

«Il nostro obiettivo è tentare di mettere in sicurezza i lavoratori», ha dichiarato Meloni, facendo riferimento al modello tedesco che si sta preparando a investire massicciamente negli armamenti. «La Germania sta riconvertendo in armamenti», preparandosi a spendere duecento miliardi, e l’Italia deve adeguarsi per «non perdere la filiera»»».

Alcuni grandi gruppi industriali, come Leonardo e Iveco Defense, sono già coinvolti in collaborazioni internazionali nel settore bellico. Ma la notizia più sorprendente riguarda la possibilità che persino Ferrari stia valutando partnership con aziende militari.

L’ex ministro Carlo Calenda ha commentato l’operazione, sottolineando che «il progetto si può fare. Certo non è facilissimo e presuppone una scala più ridotta rispetto alle grandi aziende»»». Ma il vero interrogativo resta: se la Germania sta investendo 200 miliardi, «e l’Italia? A fronte dei loro duecento miliardi, quanti ne investirebbe?»»».

Mentre il dibattito politico resta acceso, i dati economici parlano chiaro: il settore della difesa genera un impatto economico del 71% superiore alla media nazionale. Un’opportunità che il governo italiano non sembra voler lasciarsi sfuggire.

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  • Dr. Raja SHAHED

    Doctorate Degree in Defense and Security Science (PhD)

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