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Caso Al-Masri, la Corte penale internazionale chiede spiegazioni all’Italia sulla liberazione
Njeem Osama Al-Masri era stato arrestato dalla Digos nel fine settimana. È stato liberato il 21 e rispedito in Libia. La Corte dell’Aia aveva subito emesso un ordine di arresto e ora chiede a Roma cosa sia accaduto
La Corte penale internazionale (Cpi) ha chiesto spiegazioni mercoledì all’Italia sulla scarcerazione di Njeem Osama Al-Masri, un generale libico ricercato per crimini di guerra commessi in Libia dopo la rivoluzione che ha deposto il regime del colonnello Muammar Gaddafi.
L’uomo era stato arrestato a Torino, dove si era recato per vedere la partita di calcio Juventus-Milan lo scorso sabato, ma è stato rimandato in Libia martedì.
La Cpi ha spiccato subito un mandato d’arresto per il militare libico per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, vicino Tripoli, dal febbraio 2011.
“Su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l’arresto” ha reso noto la Cpi, “il 21 gennaio, senza preavviso o consultazione con la Corte, Almasri sarebbe stato rilasciato e riportato in Libia. La Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi compiuti”.
La Corte, che ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi, come sia “dovere di tutti gli Stati cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e azioni penali per i crimini”
Perché e come Al-Masri è stato rilasciato e rimandato in Libia
Sono stati i giudici della Corte d’appello di Roma a non convalidare l’arresto, perchè non è stato preceduto da un’interlocuzione con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Cpi.
L’arresto non è stato dunqye convalidato per “errori procedurali”. La norma internazionale prevede che se arriva l’autorizzazione del Ministero, si interpella la Procura generale. Questa a sua volta chiede alla corte d’Appello l’emissione di un provvedimento di custodia cautelare. La Questura e la polizia giudiziaria non possono muoversi di loro iniziativa.
La corte d’Appello di Roma ha quindi convalidato la sua scarcerazione, adducendo come motivazione il fatto che “il ministro è stato interessato da questo ufficio il 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito”.
Quali sono le accuse contro al-Masri
Al-Masri è stato accusato di avere compiuto una serie di crimini di guerra e di torture a partire dal 2011, anno in cui è scoppiata la guerra civile libica.
Come capo della Rama, la polizia giudiziaria libica, è stato accusato di essere corresponsabile di una serie di massacri e sparizioni a Tarhuna, un centro vicino alla capitale Tripoli.
Lì sono state trovate decine di fosse comuni e diversi sopravvissuti lo hanno accusato di torture fisiche e psicologiche.
Come direttore del carcere di Mitiga è invece accusato di aver torturato, ucciso e schiavizzato migliaia di migranti subsahariani, incarcerati e costretti ai lavori forzati.
Al-Masri accolto all’aeroporto di Tripoli con tutti gli onori
Al-Masri è tornato in Libia con un volo partito da Torino Caselle e che secondo diverse fonti giornalistiche si era diretto verso lo scalo piemontese alle 11 di mattina.
Se così fosse, vorrebbe dire che il volo era pronto da prima della scarcerazione, mentre il ministero della Giustizia esaminava le carte sul suo arresto. Alle 21.42 è atterrato a Tripoli con un aereo del governo italiano.
Una folla lo ha accolto festante all’aeroporto, dopo che diverse personalità del governo e dell’amministrazione giudiziaria avevano chiesto al governo di Tripoli di muoversi tempestivamente per liberarlo.
Nello specifico, il direttore del carcere Ain Zara, Abdel Moaz Nouri Boraquob, sulla sua pagina Facebook aveva sottolineato la professionalità del collega e aveva espresso la speranza che potesse “tornare a casa sano e salvo al più presto“.
Le opposizioni vogliono chiarimenti sulla liberazione del libico
L’opposizione ha accusato il governo Meloni di avere liberato “un torturatore”.
Il governo italiano non ha replicato alle accuse dell’ong impegnata nei salvataggi in mare Mediterranea che martedì ha parlato di connivenza dell’Italia e dell’Unione europea di connivenza con Al-Masri e con il governo libico.
A spingere questa politica di “compromesso morale” sarebbero questioni di opportunità politica legate alla gestione dei flussi migratori.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, riferirà la settimana prossima in Parlamento sul casom che segue di pochi giorni un altro caso controverso: la liberazione dell’iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, concisa con il rilascio in Iran della giornalista Cecilia Sala.
L’ESPRESSO
Sull’alto funzionario di Tripoli pende un mandato della Corte penale internazionale: è accusato di crimini contro l’umanità
È un caso politico-diplomatico la scarcerazione lampo e la consegna ai libici di Najeem Osema Almasri Habish, noto anche come Osama Njeem, generale della polizia giudiziaria libica, accusato dalla Corte penale internazionale (Cpi) di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Arrestato il 19 gennaio a Torino su richiesta della Cpi, il funzionario libico è rimasto in carcere appena 48 ore, prima che la Corte d’appello di Roma ne disponesse il rilascio per vizi procedurali. Secondo l’ordinanza, il ministero della Giustizia non era stato informato nei tempi previsti, rendendo l’arresto formalmente illegittimo. Ma ciò che ha fatto più scalpore è il fatto che, anziché rimanere a disposizione della giustizia internazionale, Osama Njeem sia stato rimpatriato su un volo di Stato italiano, organizzato dai servizi segreti, e accolto con tutti gli onori al suo rientro in Libia.
Il suo arresto era stato richiesto dalla Cpi per il suo presunto ruolo nella gestione del carcere di Mitiga, noto per violenze sistematiche, torture e abusi contro migranti e oppositori politici. Il suo rilascio, e soprattutto il modo in cui è stato riconsegnato alle autorità libiche, ha scatenato polemiche politiche e sollevato forti perplessità diplomatiche. La Corte penale internazionale ha chiesto spiegazioni ufficiali all’Italia, mentre le opposizioni hanno attaccato il governo parlando di un gesto gravissimo che mette in discussione il rispetto degli impegni internazionali. Matteo Renzi ha definito l’episodio “un imbarazzo per l’Italia”, mentre esponenti del Partito democratico e di Alleanza verdi sinistra chiedono che il ministro della Giustizia Carlo Nordio riferisca in Parlamento. Nordio ha giustificato la scarcerazione parlando di una decisione puramente tecnica, dettata da questioni procedurali. Ma questa spiegazione non ha convinto né la Cpi né gli osservatori internazionali, preoccupati per la gestione di un caso che avrebbe richiesto un’attenzione ben diversa.
Il caso Najeem Osema Almasri Habish, soprannominato dalla stampa internazionale il “torturatore libico”, evidenzia le ambiguità nei rapporti tra Roma e Tripoli. L’Italia è uno dei principali interlocutori del governo libico sui temi della sicurezza e dell’immigrazione, e la gestione di questa vicenda solleva dubbi sulla reale indipendenza della giustizia rispetto agli equilibri diplomatici. Un uomo accusato di crimini di guerra è stato arrestato, rilasciato e poi accompagnato a casa con un volo di Stato nel giro di due giorni. Una decisione che lascia aperti interrogativi sul peso che il governo italiano attribuisce alla giustizia internazionale.
Caso Almasri, la difesa del governo: “Nessun intervento politico. Volo di Stato? Scelta obbligata”.
A sentire le voci fuori microfono da palazzo Chigi e via Arenula, dietro la scarcerazione e il rimpatrio del comandante libico Almasri non c’è nessuna manina politica. Anche l’uso del volo di Stato per riportare a Tripoli il capo della polizia giudiziaria libica viene ritenuto corretto. Le opposizioni unite però denunciano la responsabilità del governo nella vicenda e chiedono a Giorgia Meloni di chiarire in parlamento. Njeem Osama Almasri Habish era stato arrestato a Torino domenica 19 gennaio. Su di lui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale, con le accuse tra l’altro di tortura e traffico di esseri umani, per il ruolo di primo piano nella gestione dei centri per migranti in Libia. Due giorni dopo, però, Almasri è stato scarcerato e immediatamente espulso a bordo di un aereo in dotazione alla presidenza del Consiglio, che lo ha immediatamente riportato a Tripoli. Secondo i giudici della Corte d’Appello di Roma, che hanno ordinato di liberare l’uomo, prima di effettuare il fermo la questura di Torino avrebbe dovuto informare il ministero della Giustizia, che invece sarebbe venuto al corrente del fatto solo lunedì 20 gennaio e non avrebbe poi fatto richiesta alla procura della capitale di convalidare il fermo. Le opposizioni però sono convinte che la responsabilità del rilascio dell’uomo di vertice della polizia giudiziaria libica ricada sul governo, che aveva promesso di inseguire i trafficanti di uomini “su tutto il globo terracqueo” e invece ha permesso che un soggetto accusato di gravi crimini sulla pelle dei migranti sfuggisse al giudizio della Corte Penale Internazionale. A Fanpage.it, il segretario di +Europa Riccardo Magi sottolinea come “il non detto della vicenda sta negli accordi Italia-Libia”, firmati nel 2017 e più volte aggiornati, che hanno di fatto affidato alle milizie che governano il Paese il compito di contenere le partenze.
La versione del governo
Sul caso Almasri, da parte del governo per ora non sono arrivate reazioni ufficiali. Ma la versione che filtra in queste ore nelle stanze di palazzo Chigi rimarca che se un problema c’è stato, a causarlo è stato il mancato rispetto delle procedure da parte delle parti coinvolte nell’arresto. Mentre viene escluso qualsiasi intervento politico, per favorire il rilascio del detenuto. Ma il governo avrebbe potuto impedire la liberazione? Fonti di primo piano di via Arenula consultate da Fanpage.it negano questa possibilità, sostenendo che il ministero della Giustizia sarebbe stato avvisato troppo tardi per intervenire, prima della scadenza dei termini previsti dalla normativa. Regole stringenti, imposte dalla giurisdizione nazionale, che nemmeno un mandato di arresto della Corte penale internazionale può scavalcare. L’altro aspetto contestato dalle opposizioni riguarda l’utilizzo del Falcon dei servizi segreti per riportare Almasri in Libia. Fonti di palazzo Chigi spiegano che si tratta di una procedura obbligatoria, in caso di rimpatri di soggetti considerati particolarmente sensibili. La necessità di far accompagnare il rimpatriato da personale specializzato delle forze dell’ordine e altre questioni di sicurezza avrebbero reso impossibile l’utilizzo di un volo di linea. Circostanze che peraltro sembrano confermare la pericolosità di Almasri. Il caso comunque è destinato a non chiudersi a breve. Nella serata di mercoledì 22 gennaio, in una nota, la Corte penale internazionale infatti ha scritto che “sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità (italiane) sui passi che sarebbero stati compiuti”.
Le opposizioni hanno chiesto alla premier Meloni di riferire sul caso in parlamento. Ma almeno per il momento dovranno “accontentarsi” del ministro dell’Interno Piantedosi, che giovedì 23 gennaio risponderà a un question time e la settimana dopo terrà un’informativa sul tema.
: Renzi a Nordio sulla scarcerazione di Almasri: «Ma vi siete completamente ammatiti?» (Corriere Tv)
Caso Almasri, il giallo del volo di Stato per riaccompagnarlo in Libia
Il generale, a capo del terribile carcere per migranti di Mitiga, è accusato di “crimini contro l’umanità”. Le due versioni
Caso Almasri, un nuovo intrigo internazionale. Le opposizioni: “Meloni venga in Aula a spiegare”
Dopo il caso Cecilia Sala, legato a quello dell’ingegnere iraniano Abedini, scoppia un nuovo intrigo internazionale. Questa volta al centro della questione c’è la Libia e l’arresto prima e la scarcerazione poi, con addirittura l’accompagnamento a Tripoli con un volo di Stato di Najem Osama Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica e del centro di detenzione di Mitiga accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. La volontà del governo italiano di ignorare il mandato di arresto del generale – in base a quanto risulta a Il Corriere della Sera – è svelata in una frase del procuratore generale di Roma: “Il ministro della Giustizia, interessato da questo ufficio in data 20 gennaio immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, a oggi non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito“.
Il resto della storia – prosegue Il Corriere – conferma che dietro i tecnicismi giuridici c’è la scelta politica di liberare Almasri e farlo tornare tranquillamente in patria. Visti gli indizi a suo carico raccolti dalla Corte dell’Aia, infatti, il ministro dell’Interno ha firmato un decreto di espulsione dall’Italia in quanto “soggetto pericoloso” con divieto di rientrare per i prossimi 15 anni, e il questore di Torino per i tre libici che lo accompagnavano. Potevano essere accompagnati all’aeroporto e caricati su un volo di linea per Tripoli, come si fa normalmente in questi casi. Ma il governo ha preferito caricare i quattro su un aereo di Stato a disposizione dei servizi di sicurezza, e riportarlo personalmente a casa. Ora la Corte dell’Aia chiede chiarimenti sulla vicenda al governo italiano. Le opposizioni vanno all’attacco: “Meloni venga in Aula a riferire”.
Migranti, Piantedosi in Parlamento su Almasri prossima settimana
In seguito alle interlocuzioni avvenute tra il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, la presidenza del Senato, la presidenza della Camera e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, si è concordato che nel corso della prossima settimana il ministro Piantedosi farà un’informativa parlamentare sul caso del comandante libico Najeem Osema Almasri Habish.
Arrestato a Torino, il comandante libico Almasri Habish definito “criminale di guerra”, subito espulso diventa un caso politico per le opposizioni
Elly Schlein, segretaria Pd: “Il premier Giorgia Meloni deve smetterla di nascondersi nel Palazzo”. “Siamo qui per ribadire la gravità inaudita” del caso Almasri, “un criminale di guerra su cui pendeva un mandato di arresto della Cpi che è stato prima arrestato, poi rilasciato, poi accompagnato con un volo di Stato a Tripoli”, ha aggiunto Nicola Fratoianni (Avs) durante la conferenza stampa con la segretaria dem e rappresentanti di +E, Iv, M5s, Azione.
Schlein: “A dura prova la credibilità del Paese”
Schlein ha sottolineato che “in un momento in cui la credibilità del nostro Paese è già messa a dura prova dal punto di vista del diritto internazionale. Chiediamo alla premier di venire a riferire in Aula”. Fratoianni ha parlato di “complicità del nostro governo, del ministro” competente e “della presidenza del Consiglio” e annunciato che “i capigruppo delle opposizioni stanno inviando a Fontana una lettera congiunta per chiedere che Meloni venga in Parlamento”.
Le altre reazioni: Boschi, Magi, Bonelli
Per Maria Elena Boschi (Iv) è “impossibile” che l’esecutivo non “fosse a conoscenza” di ciò che stava avvenendo, “noi vogliamo vengano a riferire in Aula. E’ un governo che fa la voce grossa con i deboli, e poi riaccompagna in Libia con un volo di Stato una persona accusata di reati cosi gravi”. Secondo Riccardo Magi (+E) “questa vicenda non può essere chiusa con le risibili ragioni date dal governo”.
“L’impressione è di un blitz politico”, oggi “tutti i gruppi porranno in prima battuta questa questione” anche a “Nordio in Aula”, ciò che è accaduto è “scandaloso e inaccettabile”, ha aggiunto il segretario di Più Europa. Angelo Bonelli (Avs) è tornato a chiedere le dimissioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio”.
Elly Schlein
“Quello che è accaduto ieri è di una gravità inaudita. Noi chiediamo massima trasparenza su una vicenda estremamente opaca” così la segretaria del Pd Elly Schlein intervenendo alla conferenza congiunta delle opposizioni sulla vicenda del rilascio del generale libico Almasri.