Il Regno Unito si prepara alla guerra mondiale, ecco il piano
Dopo la Svezia, la Norvegia, la Finlandia e la Francia anche il Regno Unito si prepara alla guerra. Il piano Uk è persino più inquietante degli altri perché Londra si prepara a una guerra mondiale combattuta con le armi nucleari. Il premier Keir Starmer ha già accolto le raccomandazioni della Strategic Defence Review, che viene aggiornata ogni dieci anni.
Il nemico è sempre lo stesso: la Russia di Vladimir Putin, che Ursula von der Leyen ha definito “una canaglia” ai confini dell’Europa e che Londra definisce una minaccia “immediata e pressante”.
L’obiettivo del piano britannico, lungo 140 pagine, è rendere la Gran Bretagna “pronta a combattere una guerra” in Europa o nell’Atlantico qualora dovesse servire.
Cosa prevede la Strategic Defence Review
Tra i primi punti della strategia c’è lo storico punto di forza inglese: la flotta marina. Secondo il piano, Londrà si i doterà di una nuova flotta di sottomarini d’attacco a propulsione atomica, fino a dodici vascelli che saranno pronti entro la fine di questo decennio.
Inoltre, verranno investiti 15 miliardi di sterline (circa 18 miliardi di euro) per ammodernare la forza nucleare: gli Uk stanno prendendo in considerazione l’acquisizione di bombardieri strategici in grado di sganciare testate atomiche. 1,5 miliardi di sterline saranno destinati alla costruzione di sei nuove fabbriche di armi.
La Strategic Defence Review non tratta solo la difesa dei confini: il piano britannico prevede anche la formazione di una nuova Guardia nazionale, un esercito territoriale di cittadini impegnati a difendere le infrastrutture strategiche, gli aeroporti e le linee di comunicazione. Si cercherà anche di arrestare lo svuotamento delle Forze Armate, i cui ranghi si sono assottigliati rapidamente negli ultimi decenni.
È chiara la differenza di questo piano rispetto agli opuscoli distribuiti in Francia, in alcuni Paesi del Nord Europa e al kit di sopravvivenza presentato da Bruxelles: l’obiettivo del Regno Unito è preparare alla guerra la parte militare del Paese, non i cittadini.
Il nodo finanziamento
Nonostante gli appelli, resta un grosso punto interrogativo su come finanziare questo piano. Il primo ministro Keir Starmer ha annunciato un incremento della spesa per la difesa dal 2,3% al 2,5% del Pil entro il 2027, con l’obiettivo di raggiungere il 3% nella prossima legislatura. Questo sforzo equivale a 13,4 miliardi di sterline aggiuntive all’anno, circa 16,2 miliardi di euro in più per la difesa. Ma il salto al 3% comporterebbe esborsi nell’ordine di decine di miliardi.
Il ministro della Difesa John Healey ha sottolineato come la Strategic Defence Review rappresenti “il più grande aumento sostenuto della spesa militare britannica dalla fine della Guerra Fredda”.
Per finanziare questo riarmo, Starmer ha scelto una strada controversa: dimezzare i fondi per la cooperazione internazionale, portandoli dallo 0,5% allo 0,3% del Pil. Una decisione che ha provocato le dimissioni della ministra per lo Sviluppo Internazionale Anneliese Dodds, che ha denunciato come questi tagli “toglierebbero cibo e assistenza sanitaria” alle persone in gravi difficoltà. La scelta britannica si inserisce in un trend europeo preoccupante, con i Paesi Bassi che hanno tagliato 2,4 miliardi di euro agli aiuti allo sviluppo, il Belgio un quarto del budget (1,2 miliardi annui), la Francia 1 miliardo e la Germania 4,8 miliardi, mentre gli Usa di Donald Trump hanno tagliato i fondi destinati all’UsAid, provocando conseguenze letali in giro per il mondo.
Nonostante le dichiarazioni del premier, il Tesoro britannico ha espresso cautela sulle possibilità reali di raggiungere l’obiettivo del 3% del Pil. Il National Audit Office aveva già definito “inaccettabile” il programma di acquisizioni della Difesa, stimando un deficit di 16,9 miliardi di sterline nei prossimi dieci anni. Il cancelliere Rachel Reeves ha dovuto affrontare un buco fiscale di 22 miliardi ereditato dal precedente governo conservatore, portando a valutare tagli fino all’11% per cultura, lavoro e ambiente. Anche la decisione di sacrificare le politiche green è sempre più diffusa e sta esponendo i miliardi di persone in tutto il mondo a gravi rischi climatici.
Starmer difende le incursioni strategiche dell’Ucraina
Ieri, svelando la revisione della strategia di difesa del Regno Unito, Keir Starmer ha ribadito il suo pieno appoggio all’Ucraina, che “ha il diritto assoluto all’autodifesa” anche a costo di fare incursioni a distanza contro alcune basi aeree strategiche russe, tattica che il premier laburista definisce del tutto “legittima”.
Parlando con la stampa, Starmer, che insieme a Macron ha dato vita alla coalizione dei Volenterosi, si è detto sempre più colpito “dallo spirito di resistenza e dal coraggio” del popolo ucraino e ha descritto i recenti attacchi russi come una dimostrazione del fatto che Kiev “non è sconfitta”.
Il ministro della Difesa: “Da Londra un messaggio a Mosca”
Il ministro della Difesa John Healey ha definito le minacce di Mosca “immediate e pressanti” basandosi su una serie di attacchi e provocazioni concrete che il Cremlino sta conducendo contro il Regno Unito.
Il ministro ha rivelato che la Russia sta “attaccando il Regno Unito quotidianamente” nel cyberspazio, come parte di circa 90.000 attacchi informatici collegati a diversi stati ostili che colpiscono i sistemi di difesa britannici. Questi non sono episodi isolati, ma una campagna sistematica e continua che rappresenta una forma di guerra ibrida già in corso.
Di fronte a questa minaccia, il governo britannico ha stanziato 1 miliardo di sterline aggiuntive per creare un nuovo comando cyber, riconoscendo che la battaglia nel cyberspazio è già una realtà quotidiana che richiede investimenti massicci e immediati. “Le minacce che affrontiamo sono ora più serie e meno prevedibili di qualsiasi momento dalla fine della Guerra Fredda”, ha dichiarato il ministro Healey ieri nel suo discorso ai deputati britannici.
La minaccia è molto più concreta di quanto si possa pensare. Il ministro ha evidenziato come la Royal Navy abbia dovuto “cacciare via navi spia russe che si aggiravano nelle nostre acque” e come la Raf sia stata costretta a “decollare per intercettare aerei russi che minacciano i nostri cieli”. Non minacce teoriche, ma incursioni concrete che richiedono risposte operative immediate e costanti. Non episodi isolati, ma una campagna sistematica e continua che rappresenta una forma di guerra ibrida già in corso.
“Dobbiamo essere preparati. La Nato deve essere preparata. Vediamo Putin in Ucraina che cerca di ridisegnare i confini internazionali con la forza… è parte della crescente aggressione russa”, ha aggiunto Healey.
L’aggressività russa non si limita all’Ucraina ma si estende attraverso alleanze strategiche, ha spiegato il ministro: “Il Cremlino sta lavorando mano nella mano con i suoi alleati in Iran e Corea del Nord”. In questo contesto, le misure previste dalla Strategic Defence Review rappresentano “un messaggio a Mosca”, ha aggiunto il ministro.
Adottando il vecchio adagio latino per cui si vis pacem, para bellum, Healey ha concluso: “Ci prepariamo per la guerra per assicurare la pace. Se sei abbastanza forte da sconfiggere un nemico, lo dissuadi dall’attaccare in primo luogo”.
La nuova combinazione di attacchi cibernetici quotidiani, provocazioni militari dirette, alleanze ostili e nuove tecnologie belliche ha portato il Regno Unito a entrare in “una nuova era di minacce, che richiede una nuova era per la difesa”.
Droni e guerra moderna: l’attacco ucraino che cambia le regole del conflitto e fa scuola in Europa
Nel fine settimana appena trascorso, un’operazione militare condotta dall’intelligence ucraina (SBU) ha inflitto un duro colpo all’aviazione russa. Utilizzando droni FPV (First Person View), le forze ucraine hanno colpito una base aerea russa, provocando la distruzione di numerosi jet da combattimento. L’operazione segna un’ulteriore evoluzione nell’uso dei droni nella guerra in Ucraina e, secondo molti analisti, sta ridefinendo il concetto stesso di conflitto armato nel XXI secolo.
Sine.Engineering, azienda ucraina all’avanguardia nei sistemi di comunicazione per UAV (veicoli aerei senza pilota, pilotati da remoto tramite un’interfaccia di controllo), ha commentato l’operazione parlando di “risultati asimmetrici” sul campo di battaglia, ottenuti con tecnologie economiche, veloci e adattabili, che mettono in difficoltà eserciti ancora legati a modelli bellici più lenti e costosi.
La tecnologia ucraina dietro i droni invisibili: niente GPS, niente paura
Il segreto del successo? Droni intelligenti capaci di volare senza GPS, resistenti alle interferenze elettroniche e pilotabili con estrema precisione. È qui che entra in gioco Sine.Engineering, che ha sviluppato un sistema alternativo di localizzazione e controllo in tempo reale basato su dati robusti e tecnologie indipendenti.
Questa flessibilità operativa permette ai droni ucraini di superare le contromisure russe, continuando a colpire anche in ambienti saturi di segnali di disturbo. L’approccio ucraino combina innovazione rapida e adattabilità sul campo, un modello che ora anche gli eserciti occidentali, come la Bundeswehr tedesca, stanno osservando con crescente attenzione.
La Germania accelera: “Più droni kamikaze e sistemi autonomi”
In Germania, l’ispettore generale delle forze armate, Carsten Breuer, ha chiesto un’accelerazione nell’acquisto di droni kamikaze, sottolineando come le “munizioni a perdere” rappresentino una nuova frontiera della guerra tecnologica. I droni kamikaze – noti anche come loitering munitions – si librano sull’area di conflitto fino a trovare un bersaglio, per poi colpirlo con una carica esplosiva.
Un portavoce dell’Ufficio per lo Sviluppo dell’Esercito tedesco ha confermato a Euronews che l’obiettivo è diversificare il portafoglio di droni e aumentarne la quantità, puntando su soluzioni automatizzate e modulari. La Germania, dunque, sembra voler superare l’approccio esclusivo ai sistemi sofisticati, aprendo le porte a droni più piccoli e massificabili, proprio come quelli utilizzati in Ucraina.
“La massa è una qualità”: il vantaggio dei droni piccoli ed economici
Secondo Andriy Chulyk e Andriy Zvirko di Sine.Engineering, la strategia vincente non è puntare solo su droni avanzatissimi, ma su un equilibrio tra alta tecnologia e soluzioni scalabili. “Un drone costoso con intelligenza artificiale può valere quanto cento piccoli droni FPV se l’avversario gioca sui numeri”, spiegano.
I piccoli UAV, infatti, sono più economici da produrre, facili da rimpiazzare e in grado di generare effetti dirompenti a basso costo. Un concetto che anche la Bundeswehr sta valutando con attenzione: “Anche la massa è una qualità”, ha ammesso il portavoce tedesco. In questo nuovo paradigma, il drone diventa bene di consumo militare – sacrificabile, ma estremamente utile.
Occhi, orecchie e cervello sul campo di battaglia
Il vantaggio competitivo si sposta sul software, non sull’hardware. Lo affermano sia l’esercito tedesco che le aziende ucraine. Un drone, per quanto avanzato, è solo un veicolo: il vero valore è nella sua capacità di raccogliere, analizzare e trasmettere dati, e nell’adattarsi rapidamente al contesto operativo.
Con lo sviluppo del Software Defined Defence, la Bundeswehr mira a dotare i propri droni di capacità aggiornabili, resistenti all’obsolescenza tecnologica. “Il software può evolvere rapidamente, rendendo potente anche un drone con componenti economici”, spiegano i tecnici.
Guerra dei droni: Ucraina e Russia in un continuo inseguimento tecnologico
La guerra tra Russia e Ucraina è diventata, di fatto, una corsa all’innovazione tra droni. Ogni nuova tecnologia viene presto replicata o neutralizzata dalla controparte. In questo scenario fluido, le aziende ucraine devono mantenere un contatto diretto con il fronte, aggiornando i propri sistemi in base al feedback di militari e comandanti sul campo.
“Riceviamo informazioni ogni giorno da chi è in trincea: cosa funziona, cosa no, quali sistemi sopravvivono. Questo ci permette di essere sempre un passo avanti”, racconta Chulyk.
L’Europa osserva, ma la guerra in Ucraina non è un modello esportabile diretto
Nonostante l’interesse crescente, il portavoce dell’esercito tedesco mette in guardia: non tutto ciò che funziona in Ucraina è replicabile nei contesti NATO. Le condizioni sul fronte ucraino – in termini di intensità, territorio, e tipo di avversario – sono molto diverse da quelle in cui opererebbe l’esercito tedesco o francese.
Inoltre, il rapido ciclo tecnologico rende alcuni strumenti obsoleti in pochi mesi. Serve dunque una strategia flessibile e lungimirante, in cui l’investimento in software, automazione e capacità produttiva conti più della sofisticazione pura dei mezzi.
Droni vs soldati? No, serviranno entrambi
Sebbene i droni stiano assumendo un ruolo sempre più rilevante, non potranno mai sostituire completamente i soldati, ammettono anche i leader di Sine.Engineering. La vera forza sarà nell’integrazione tra tecnologia e risorse umane, specialmente in Paesi dove il reclutamento di militari è in calo.
“Nei Paesi ricchi, pochi vogliono andare in guerra. I droni possono colmare in parte questa lacuna”, afferma Chulyk. Ma aggiunge: servono formazione, munizioni, e una visione strategica condivisa.
L’Ucraina colpisce ancora
La Russia non ha fatto in tempo a riprendersi dall’attacco di domenica, che secondo Kiev ha portato alla distruzione di 41 cacciabombardieri, che è tornata sotto scacco da parte dei servizi ucraini. Poco prima dell’alba, il ponte di Kerch, che collega la Crimea e la Russia, è stato preso di mira per la terza volta dall’intelligence, che, negli ultimi mesi, lo ha minato dalle fondamenta sotto il mare. Un’operazione unica nel suo genere, che denota ancora una volta come i servizi ucraini abbiano una grande una importanza capacità di azione.
Si è trattato di una deflagrazione molto violenta, provocata da 1.100 chili di tritolo ammassati con metodo e pazienza. I supporti subacquei del ponte sono stati gravemente danneggiati e la struttura è rimasta chiusa oltre due ore. Nonostante questo, i media russi non hanno parlato apertamente di attacco, come, del resto, non hanno ancora reso note le proporzioni dell’operazione di domenica. L’unica reazione, da parte del Cremlino è quella, ormai consueta, muscolare. Nella notte fra lunedì e martedì missili sono stati gettati contro la città di Sumy, vicina al confine con la Russia, causando la morte di almeno quattro persone. Un attacco, secondo il premier Zelensky, “deliberatamente organizzato per uccidere civili”.
IL PRESSING DI KIEV
L’Ucraina, adesso, deve cercare di capitalizzare il successo e il trauma psicologico inferto alla Russia nelle due operazioni di intelligence, per convincere gli Stati Uniti del fatto che vale ancora la pena di puntare su di lei. La delegazione era guidata dal capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak. Washington era a conoscenza degli attacchi di domenica alle basi aeree russe. Nonostante Kiev abbia sottolineato, con orgoglio, che si è trattato di un progetto in tutto e per tutto autoctono, a molti è rimasto il dubbio che, a livello di informazioni, ci sia stato l’aiuto di servizi segreti internazionali. Ma Trump non ha scritto una riga sull’accaduto, segno che pur essendone informato e non avendolo impedito, non ne sia certo entusiasta. È emerso, inoltre, che Kiev non ha avvisato in anticipo gli Stati Uniti del maxi-attacco di droni di domenica contro le basi russe. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ammettendo che l’operazione ha “assolutamente” sollevato dubbi sulla possibilità di un attacco simile negli Usa. La speranza di Zelensky è che l’accordo sui minerali strategici e i successi di questi giorni, inducano il tycoon a non azzerare gli aiuti economici e e soprattutto militari.
WORK IN PROGRESS
Nonostante il memorandum di Mosca abbia dimostrato che la Russia non abbia alcuna intenzione di porre fine alla guerra in tempi brevi, si lavora a un terzo round di negoziati a fine giugno. Ieri il capo della diplomazia turca, sede dei negoziati, Hakan Fidan, ha parlato con l’omologo americano, Marco Rubio. L’obiettivo, adesso, è capire come andare avanti e se e quanto entrambe le parti siano disposte a scendere a un compromesso. Da parte di Kiev si fa, pressante, l’invito a un incontro diretto fra Putin e Zelensky, sempre sotto la mediazione turca. Il Cremlino continua a smorzare le speranze, dicendo che, in questo momento, una faccia a faccia è ‘improbabile’ e che prima devono essere raggiunti accordi a livello tecnico. L’Unione Europea insiste. Il Commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, ha dichiarato che “non bisogna aspettare la pace, ma crearla”. L’unico modo, secondo lui, è continuare ad armare l’Ucraina e metterla nelle condizioni di potersi difendere. A questo proposito, il Vertice Nato a L’Aja sarà determinante per capire quali saranno gli orientamenti Usa.
L’operazione “Spider’s web” di Kiev: come l’Ucraina ha attaccato i bombardieri strategici russi
Dopo un’accurata pianificazione durata oltre un anno e mezzo, il 1° giugno 2025 i servizi segreti di Kiev hanno fatto scattare l’operazione denominata “Spider’s Web” (“Ragnatela”) in cui numerosi droni del tipo MAVIC di piccole dimensioni ma imbottiti di esplosivo hanno colpito obiettivi situati in alcune grandi basi russe situate a notevole distanza dal fronte della guerra Russia-Ucraina. L’obiettivo dichiarato di questo attacco erano gli asset strategici delle Forze Aerospaziali Russe, in particolare i bombardieri strategici. Nonostante ad oggi i risultati confermati siano stati inferiori a quanto dichiarato nell’immediato dalle autorità di Kiev, l’operazione è stata comunque un successo clamoroso che evidenzia notevoli debolezze nel modus operandi delle agenzie di intelligence della Russia.
L’operazione “Spider’s Web”
L’attacco del 1 giugno è stato preceduto da una metodica operazione di infiltrazione favorita da un agente speciale ucraino, ora ricercato dai servizi di sicurezza russi. Di lui i media moscoviti hanno solamente riferito che ha 37 anni, utilizzava l’alias di Artёm Timofeev, e che è nativo di Donetsk e lavorava presso lo LLC Group di Chelyabinsk, nell’area degli Urali. Dalla sua posizione privilegiata ha potuto trasferire in Russia una serie di container precedentemente modificati ed in grado di lanciare ciascuno 36 droni di tipo MAVIC a corto raggio ma imbottiti di esplosivo. Tali container sono stati poi indirizzati nei pressi di almenno sei importanti basi aeree russe (Belaya, Olenya, Ivanovo Severny, Dyagilevo-Ryazan, Voskresensk e Ukrainka) note per ospitare i bombardieri strategici Tupolev Tu-95MS, Tupolev Tu-22M3, Tupolev Tu-160 ed altri velivoli per missioni speciali come i Beriev A-50U di tipo AWACS.
La sorpresa è stata totale e, sulle prime, ben poco hanno potuto fare le difese antiaeree e di guerra elettronica russe, che comunque sono entrate tardivamente in azione contro le ondate successive di droni, dopo che le prime erano andate a segno. L’attacco è stato infatti troppo ravvicinato (secondo alcune ricostruzioni addirittura a 300 metri di distanza dagli obiettivi) e a quota troppo bassa perché le difese avessero un tempo di pre-allarme sufficiente a poter prevenire l’attacco. I droni ucraini, a quanto pare dotati di software dedicati programmati con l’Intelligenza Artificiale a “riconoscere visivamente gli obiettivi”, hanno attaccato i velivoli russi parcheggiati lungo le piste provocandone l’incendiamento e la successiva esplosione.
Gli attacchi non hanno avuto lo stesso corso prestabilito ovunque, dato che problemi tecnici, malfunzionamenti nei sistemi di rilascio e ispezioni impreviste da parte degli autisti dei camion (ignari cittadini russi assunti a contratto) insospettiti dall’insolito carico e dalle circostanze, hanno in alcuni casi provocato l’autodistruzione anzitempo degli ordigni. Non è tuttavia ancora chiaro quanti droni siano stati effettivamente impiegati per l’attacco. Le fonti ufficiali ucraine parlano di 117, ma sicuramente è una sottostima. Le basi attaccate sono state in tutto sei mentre, sempre secondo le fonti ufficiali, vi erano 36 droni su ciascun container. Ipotizzando che vi fosse solamente un container per ciascuna base (ma molto probabilmente erano due) avremmo già una stima conservativa di 216.
Subito dopo l’attacco, il governo ucraino ha rivendicato la “distruzione di 41 aerei nemici, pari al 34% della forza da bombardamento strategico della Russia”. Secondo quanto pubblicato però dall’autorevole The Military Watch, un’analisi approfondita dei video pubblicati e delle immagini satellitari permette al momento di confermare la distruzione o il danneggiamento di 12 velivoli russi: 11 bombardieri strategici (7 Tu-95MS e 4 Tu-22M3) e 1 aereo da trasporto tattico An-12. Non è detto che il totale non possa crescere ulteriormente, ma con il passare delle ore e dei giorni, tale possibilità diventa via via più remota.
Le forze strategiche russe
Assieme agli USA e alla Cina, la Russia è uno dei pochi paesi dotati di un imponente arsenale di armi nucleari basato su una triade (terra-mare-aria) completa e numerosa. Sin dagli albori della Guerra Fredda, la forza di bombardieri strategici a lungo raggio (DA) ha rappresentato il fiore all’occhiello delle Forze Aeree Sovietiche prima e Russe poi, assolvendo primariamente a compiti di dissuasione nell’ambito della dottrina del confronto NATO-Patto di Varsavia denominata MAD (Mutual Assured Destruction).
Scenari di guerra nucleare a parte, la DA conserva anche un notevole potenziale nell’ambito della guerra convenzionale, e per questa ragione i suoi bombardieri strategici sono stati impiegati dai sovietici nel corso della loro Guerra in Afghanistan (1979-1989) ma anche nelle guerre della Russia in Cecenia, Georgia, Siria e ora in Ucraina. Dal 22 febbraio 2024 ad oggi, i bombardieri strategici russi hanno svolto un ruolo molto importante nelle strategie militari del Cremlino perché hanno partecipato ai regolari bombardamenti a mezzo di missili da crociera a lungo raggio diretti contro obiettivi situati ben all’interno del territorio ucraino, in particolare le griglie energetiche, fondamentali per garantire il funzionamento del sistema-paese.
Data la loro pericolosità, era normale che i bombardieri della DA costituissero un obiettivo prioritario per gli ucraini, che hanno tentato di metterli fuori combattimento in diverse occasioni utilizzando sia i loro sistemi di difesa aerea che mediante attacchi a lungo raggio con droni improvvisati diretti verso le basi aeree russe, senza però riuscire ad ottenere risultati apprezzabili se non l’obbligare l’Alto Comando russo a disperdere i propri bombardieri strategici su diverse basi.
Il fallimento dell’intelligence russa
Al netto dei risultati ottenuti sul terreno, l’operazione “Spider’s Web” si configura come un notevole successo da parte dei servizi segreti ucraini e, parallelamente, un colossale fallimento per le agenzie d’intelligence russe le quali ormai da anni sono sprofondate in una spirale di insuccessi che ha contribuito a minarne pesantemente l’immagine e la credibilità sia in patria che all’estero. Mentre infatti le Forze Armate, sulla scia degli insuccessi e delle difficoltà incontrate nella prima fase della Guerra Russo-Ucraina hanno da tempo intrapreso una vigorosa politica di riforma, riarmo, ampliamento degli organici e revisione/riassetto delle dottrine operative, imprimendo un deciso cambio di corso a livello tattico-strategico sul fronte di guerra, l’intelligence moscovita ha faticato non poco a tenere il passo, collezionando un lungo elenco di imbarazzanti sconfitte ed umiliazioni e fallendo completamente nella missione primaria di proteggere il territorio della Russia dalle operazioni di infiltrazione dei servizi segreti ucraini i quali hanno invece dimostrato una professionalità degna dei loro antenati del KGB sovietico.
Cosa aspettarci per il futuro?
Nonostante i danni materiali inflitti al nemico e l’eccezionale vittoria nel campo della propaganda mediatica e delle pubbliche relazioni, l’operazione “Spider’s Web” non ha inflitto alle forze strategiche russe un colpo da K.O. e non può considerarsi come l’inizio di un trend tale da poter cambiare le sorti del conflitto. Certamente, le perdite di bombardieri strategici che i russi hanno sofferto non vanno trattate con leggerezza, ma allo stesso tempo non cambiano gli equilibri strategici (la triade di dissuasione nucleare non è stata compromessa, come si riteneva all’inizio) e ben presto Mosca potrà nuovamente tornare a bombardare Kiev come in precedenza. Inoltre l’estrema complessità organizzativa messa in campo per questa operazione (durata oltre un anno e mezzo) ne preclude la possibilità di una ripetizione a breve termine con il risultato di permettere ai russi di riorganizzarsi e tornare all’attacco. Ecco dunque che l’operazione “Spider’s Web” – che pure entrerà nei libri di storia dell’intelligence, delle forze speciali e della scienza militare in generale – rimarrà un evento importante ma non determinate nel “mare” della guerra russo-ucraina.
SPIDERWEB IN DETAILS
In quello che gli analisti definiscono un momento spartiacque nell’evoluzione della guerra dei droni, il 1° giugno 2025 l’Ucraina ha eseguito l’operazione Spider’s Web, un attacco coordinato di droni a lungo raggio in profondità nel territorio russo che ha preso di mira cinque basi aeree strategiche in tutta la Federazione Russa. Secondo Kiev, oltre 40 aerei sono stati danneggiati o distrutti in quello che è diventato l’attacco aereo più esteso condotto dall’Ucraina all’interno della Russia dall’inizio della guerra su vasta scala nel 2022.
Questa operazione, condotta dal Servizio di sicurezza ucraino (SBU), ha sfruttato 117 droni in prima persona (FPV), lanciati non dal territorio ucraino, ma da unità mobili nascoste all’interno dello stesso territorio russo, rappresentando un drastico cambiamento nelle capacità operative e nella portata dell’intelligence.
Pianificazione ed esecuzione: 18 mesi di lavoro
La portata dell’operazione non è casuale. Secondo il presidente Volodymyr Zelensky, ci sono voluti 18 mesi e 9 giorni per pianificare, sviluppare ed eseguire l’operazione Spider’s Web. Il capo dell’SBU, Vasyl Malyuk, ha supervisionato la missione, che ha richiesto il trasporto segreto dei droni in Russia, camuffandoli in contenitori di legno montati su camion. Questi contenitori potrebbero essere attivati a distanza, aprendosi per rilasciare i droni verso i loro bersagli una volta in posizione.
Fondamentalmente, l’Ucraina afferma che i suoi agenti sono stati prelevati dalla Russia prima dell’attacco, garantendo la segretezza operativa e la sicurezza del suo personale. L’intera missione è stata condotta senza preavviso agli Stati Uniti o ad altri alleati, una mossa interpretata da alcuni analisti come l’affermazione dell’Ucraina della propria indipendenza strategica.
Target in cinque fusi orari
I droni ucraini hanno colpito cinque basi aeree in un’immensa fascia di territorio russo: Dyagilevo, Ivanovo Severny, Belaya, Olenya e Ukrainka. Queste basi ospitano alcune delle risorse aeronautiche a lungo raggio più critiche dell’aeronautica russa, tra cui i bombardieri strategici Tu-95MS, Tu-160 e Tu-22M3, nonché gli aerei di allerta precoce aviotrasportati A-50.
La base aerea di Olenya nell’oblast di Murmansk, situata nell’estremo nord-ovest vicino al Circolo Polare Artico, è stata testimone di molteplici esplosioni. Secondo l’intelligence satellitare e i filmati open-source, sono state segnalate almeno 10 esplosioni. I droni sono stati lanciati da un camion posizionato vicino a una stazione di servizio. I bombardieri Tu-95MS e Tu-160, alcuni con potenziale capacità nucleare, erano basati sul sito.
La base aerea di Belaya, vicino a Irkutsk in Siberia, ha segnato il primo attacco di droni ucraini mai registrato nella Siberia orientale, a ben 4.300 km dal confine ucraino. Il governatore Igor Kobzev ha confermato l’attacco e sono circolati video che mostrano pennacchi di fumo che si alzano dalla base. Prima dell’attacco, le immagini satellitari indicavano oltre 90 aerei militari sul sito, tra cui bombardieri e caccia MiG-31.
La base aerea di Dyagilevo a Ryazan ha subito sette esplosioni, con le autorità locali che hanno confermato danni a un edificio civile a causa dei detriti dei droni. Questa base era stata precedentemente bersaglio di attacchi ucraini alla fine del 2022 e di nuovo nel 2023.
Secondo quanto riferito, la base aerea di Ivanovo Severny, a nord-est di Mosca, è stata nuovamente presa di mira dopo un attacco appena una settimana prima, il 23 maggio. Mentre i canali ufficiali russi sono rimasti in silenzio, fonti ucraine suggeriscono che un aereo A-50 molto apprezzato sia stato colpito in questo raid.
La base aerea di Ukrainka nell’oblast dell’Amur, vicino al confine cinese, doveva essere l’obiettivo più orientale. Tuttavia, il camion che trasportava i droni è esploso prematuramente, non riuscendo a lanciare l’attacco.
Danni strategici e onde d’urto politiche
Il governo ucraino sostiene che l’attacco ha distrutto o disabilitato circa un terzo della capacità di lancio di missili da crociera strategici della Russia, causando danni stimati in 7 miliardi di dollari. Queste cifre, sebbene difficili da verificare in modo indipendente, sono supportate da diversi gruppi OSINT (open-source intelligence) e analisti satellitari, che hanno osservato chiari segni di distruzione di aerei e incendi secondari.
Forse la cosa più significativa è che gli aerei presi di mira – i modelli Tu-95, Tu-160 e A-50 – stanno invecchiando e non vengono più prodotti in gran numero. La sostituzione richiederebbe costosi programmi di modernizzazione o la cannibalizzazione di altro materiale militare, mettendo ulteriormente a dura prova il complesso militare-industriale della Russia.
A livello strategico, gli analisti dell’Institute for the Study of War suggeriscono che l’attacco limiterà temporaneamente la capacità della Russia di lanciare attacchi missilistici a lungo raggio in Ucraina, dando a Kiev una finestra di relativa calma operativa.
La risposta di Mosca: “Attacco terroristico”
Il ministero della Difesa russo ha denunciato l’attacco come un “attacco terroristico” e ha confermato i danni agli aerei in due basi aeree, Belaya e Olenya. Come di consueto, le dichiarazioni ufficiali del Cremlino hanno minimizzato l’entità delle perdite, anche se le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza in più regioni e rafforzato la sicurezza in altri siti militari.
Il governo russo ha anche riferito di aver arrestato o interrogato camionisti presumibilmente coinvolti nel facilitare gli attacchi. Tuttavia, secondo i funzionari ucraini, tutti gli agenti sono stati estratti in anticipo.
Il presidente Zelensky ha aggiunto che l’operazione è stata parzialmente coordinata da un edificio adiacente a un ufficio dell’FSB, un’umiliazione simbolica per il servizio di sicurezza interna della Russia. Ha anche sottolineato che “nessun civile è stato ferito” durante gli attacchi.
L’alba di una nuova era tattica?
Al di là dell’immediata distruzione, l’Operazione La Ragnatela ha suscitato l’interesse militare globale per il modo in cui un assalto di droni di così alto livello e in profondità è stato condotto con relativa impunità. La chiave risiede nell’uso da parte dell’Ucraina di piattaforme di lancio mobili, nell’attivazione remota e nella pianificazione decentralizzata, che potrebbero ridefinire il modo in cui verrà condotta la futura guerra asimmetrica.
Semmai, l’operazione mette in mostra la crescente capacità dell’Ucraina di condurre attacchi guidati dall’intelligence nel cuore del territorio nemico senza fare affidamento su hardware o autorizzazioni occidentali. Segnala anche a Mosca che anche l’infrastruttura militare più remota e pesantemente fortificata della Russia è ora a portata di mano.
Restano da vedere tutte le implicazioni dell’Operazione Ragnatela. Il successo dell’Ucraina potrebbe spingere la Russia a riallocare le risorse di difesa aerea più in profondità nel suo territorio, indebolendo la protezione della prima linea. Potrebbe anche ispirare operazioni di imitazione da parte di altri stati o attori non statali, ora acutamente consapevoli del potenziale di attacchi senza pilota efficaci in termini di costi lanciati dall’interno dei confini dell’obiettivo. Per ora, però, una cosa è chiara: la ragnatela è stata tessuta e la Russia è stata catturata.
ROBERT FICO OF SLOVACCHIA
Ucraina, Fico: “Alcuni in Ue vogliono guerra per danneggiare Russia”
“Io sono tra i politici europei che sostengono pienamente l’idea del cessate il fuoco” in Ucraina, “probabilmente non sarete d’accordo con me, ma credo che ci siano paesi nell’Ue che vogliono prolungare questa guerra perché pensano che questo sia il modo per danneggiare la Russia. Non credo che questa strategia funzioni. Questa è la mia opinione”. Lo ha detto il premier slovacco Robert Fico, parlando con i giornalisti fuori palazzo Chigi dopo l’incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Penso – ha aggiunto – che nel caso della guerra in Ucraina la posizione del vostro primo ministro sia molto simile alla mia, perché crediamo che il cessate il fuoco e la pace vadano sostenuti immediatamente. Ecco perché la nostra discussione sulla guerra è durata circa 30 minuti, se considero un’ora di discussione”.
Il fianco orientale della Nato, i timori di un disimpegno Usa, il boom della spesa militare
Roma, 3 giugno 2025 – La proposta di innalzare la quota del Pil destinata alla difesa dall’attuale 2% fino al 5%, avanzata recentemente dal segretario generale della Nato Mark Rutte, prevede una differenziazione tra la quota destinata alla spesa militare diretta (3,5%) e gli investimenti collegati alla difesa, come infrastrutture strategiche e cybersicurezza (1,5%).
Secondo il comunicato diffuso dopo il vertice di lunedì, i Paesi dell’Est e del Nord Europa hanno appoggiato pienamente l’obiettivo, anche se non è stato fissato un termine preciso per il suo raggiungimento. Le opzioni in discussione sono il 2028, il 2032 o il 2035.
Tra i firmatari figurano non solo i Paesi che già oggi investono in difesa una quota del Pil superiore al 2% – Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Cechia – ma anche Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania. Tutti insieme, questi Paesi rappresentano quasi un terzo degli alleati della Nato.
Rutte ha dichiarato il mese scorso che tutti i Paesi dell’Alleanza si stanno muovendo nella giusta direzione per accettare il nuovo impegno in vista del vertice dell’Aia del 24-25 giugno.
Tuttavia, i negoziati sono ancora in corso: i ministri della difesa si incontreranno a Bruxelles per definire i dettagli, in particolare su cosa verrà conteggiato come “spesa correlata alla difesa” e su quale sarà il calendario di attuazione.
Un salto del genere nella spesa militare era impensabile fino a pochi mesi fa, ma il timore di un disimpegno degli Stati Uniti – unito alla minaccia russa – ha spinto i governi a rivedere le priorità.
Nonostante ciò, Rutte ha dichiarato lunedì che “non c’è assolutamente alcuna indicazione” che gli Stati Uniti ritireranno improvvisamente le truppe dal continente europeo.
Adesione dell’Ucraina alla Nato
I Paesi firmatari hanno inoltre ribadito che il vertice dell’Aia dovrà sancire il carattere irreversibile del percorso di adesione dell’Ucraina alla Nato, sottolineando come la sua sicurezza sia vitale per l’Alleanza atlantica.
Mosca continua a chiedere la fine dell’allargamento della Nato, in aperto contrasto con gli impegni presi più volte dagli alleati, che si sono detti pronti ad accogliere Kyiv una volta soddisfatte determinate condizioni.
Due diplomatici Nato hanno riferito a Euractiv che la dichiarazione finale del vertice dovrebbe includere una conferma del fatto che l’Ucraina resta sul percorso dell’adesione.
Tuttavia, i vertici militari della Nato e il governo degli Stati Uniti puntano a un comunicato finale il più sintetico possibile, che non è stato ancora redatto né condiviso per eventuali modifiche. Resta dunque incerto se il documento conterrà un riferimento esplicito alla futura adesione ucraina.
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