CASO AL MASRI

(Adnkronos) – Preoccupazione elevata, silenzio scontato, necessità, più volte ribadita, ma a quanto pare inascoltata, di coltivare “armonia tra le Istituzioni” anche per poter promuovere fiducia tra i cittadini. Non è difficile immaginare l’atmosfera che regna al Quirinale in queste ore anche per gli ultimi sviluppi sul caso Almasri, con uno scontro tra politica e magistratura che ha superato ampiamente il livello di guardia e una tensione tra maggioranza e opposizione che ha portato a una semiparalisi dei lavori parlamentari, che in Aula riprenderanno alla Camera la prossima settimana e al Senato quella successiva, con soprattutto l’impossibilità di procedere oggi alla nuova votazione per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale. La cosiddetta vicenda Almasri, oltre alle conseguenze che sta determinando nel dibattito politico-istituzionale interno, porta con sé delicate ripercussioni a livello internazionale.

Oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è atteso a Scandicci in provincia di Firenze per partecipare alla cerimonia per l’inaugurazione dei corsi dei magistrati ordinari in tirocinio e dell’anno formativo 2025 della Scuola superiore della magistratura. Un’occasione che, senza naturalmente riferimenti all’attualità, potrebbe rappresentare l’occasione per ribadire concetti più volte espressi riguardo le prerogative e i limiti dei vari poteri istituzionali. Tuttavia, come già accaduto lo scorso anno, non è previsto un intervento del capo dello Stato e la scelta non sarebbe maturata in queste ore, ma sarebbe frutto di decisioni prese e comunicate già nei mesi scorsi.

In ogni caso in questi dieci anni il presidente della Repubblica ha avuto modo di ripetere a più riprese quale debba essere il corretto modus operandi istituzionale e di spendersi per cercare di riportare su binari corretti il dibattito nelle e tra le istituzioni. Accadde ad esempio nell’estate del 2023, in una delle fasi più accese dello scontro tra politica e magistratura, all’indomani della presentazione del disegno di legge sulla separazione delle carriere approvato nei giorni scorsi in prima lettura dalla Camera.

In quel frangente Mattarella ricevette al Quirinale i vertici della Corte di Cassazione, la prima presidente Margherita Cassano e il Procuratore generale, Luigi Salvato. Un incontro che si inseriva nel contesto di un’azione finalizzata ad abbassare le tensioni e attivare canali di dialogo e mediazione.

“La Costituzione -aveva invece sottolineato un paio di mesi prima in occasione dell’inaugurazione della sede di Napoli della Scuola della magistratura- definisce con puntualità l’ambito delle attribuzioni che sono affidate agli organi giudiziari, così come i compiti e le decisioni che appartengono, invece, ad altri organi, titolari di altri poteri. Questo riparto va rispettato. È bene aver presente che lo stesso rispetto che deve essere assolutamente assicurato alla piena, irrinunziabile indipendenza della funzione giudiziaria deve essere sempre riconosciuto e assicurato anche alle altre funzioni dello Stato”.

Sicuramente più attuali e rilevanti, anche per il contesto particolarmente significativo, le parole pronunciate poco più di un mese fa in occasione dello scambio degli auguri di fine anno con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile. Dal Capo dello Stato venne infatti un appello a “quel senso del dovere che richiede a tutti coloro che operano in ogni istituzione, di rispettare i limiti del proprio ruolo. Senza invasioni di campo, senza sovrapposizioni, senza contrapposizioni. La Repubblica vive di questo ordine. Ha bisogno della fiducia delle persone che devono poter vedere, nei comportamenti e negli atti di chi ha responsabilità, armonia tra le istituzioni”.

L’appello delle vittime: “Giustizia negata”

“Credevamo nell’Italia, in un Paese che parlava di giustizia e diritti umani. Ma la giustizia non ci è stata data. Abbiamo invece assistito alla liberazione dell’uomo che ci ha torturato.”

Con queste parole, David Yambio e Lam Magok, due sopravvissuti ai campi di prigionia libici, si rivolgono direttamente alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al Sottosegretario Alfredo Mantovano.

I due firmatari sono tra le innumerevoli vittime del generale libico Osama Njeem Almasri, accusato di crimini contro l’umanità e ricercato dalla Corte Penale Internazionale per le torture inflitte ai migranti nel famigerato carcere di Mitiga, gestito dalla milizia islamista Rada.

Dopo il suo arresto in Italia il 19 gennaio, la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato il fermo “non conforme alle procedure legali”, disponendone la scarcerazione. Solo due giorni dopo, Almasri è stato riportato in Libia con un volo di Stato, una decisione che ha scatenato un’inchiesta da parte della Procura di Roma.

Le accuse all’Italia e il ruolo negli accordi con la Libia

Nella lettera, i due sopravvissuti non si limitano a chiedere spiegazioni sul rilascio di Almasri, ma denunciano il coinvolgimento dell’Italia nei crimini contro i migranti in Libia.

“Ora sappiamo che l’Italia non ha solo le dita in Libia, ma ha le mani intere sepolte nei suoi affari”, scrivono Yambio e Magok, accusando il governo italiano di sostenere, finanziare e proteggere il sistema di detenzione e sfruttamento dei migranti in Libia.

Il riferimento è al Memorandum Italia-Libia, siglato nel 2017 e rinnovato nel tempo, che prevede il supporto economico e logistico alla Guardia Costiera libica per intercettare i migranti e riportarli nei centri di detenzione.

Secondo numerosi rapporti di ONG e organizzazioni internazionali, la Guardia Costiera libica collabora con i trafficanti di esseri umani, tra cui lo stesso Almasri, e sottopone i migranti a violenze sistematiche. Amnesty International e Human Rights Watch hanno più volte denunciato come nei centri di detenzione libici, ufficiali.

Le richieste: “L’Italia risponda delle sue scelte”

Nella lettera, i due sopravvissuti pongono domande precise:

  • Perché un criminale ricercato a livello internazionale è stato liberato?
  • Quali misure verranno prese per garantire giustizia alle vittime?
  • Come può l’Italia continuare a finanziare un sistema che perpetua tali violenze?

Yambio e Magok chiedono la cessazione immediata degli accordi con la Libia, il rilascio dei detenuti nei campi di prigionia e la creazione di canali legali per i migranti intrappolati. Inoltre, sollecitano la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Tripoli per il rilascio di visti umanitari e una spiegazione ufficiale sul caso Almasri.

Un caso che scuote la politica italiana

Mentre la lettera accende i riflettori sul ruolo dell’Italia nei crimini contro i migranti in Libia, l’inchiesta della Procura di Roma sul caso Almasri ha già aperto uno scontro politico durissimo.

L’opposizione attacca il governo Meloni, accusandolo di aver favorito il ritorno in libertà di un criminale. Il centrodestra, invece, difende la scelta dell’esecutivo, parlando di “attacco politico” da parte della magistratura e ribadendo la necessità di fermare l’immigrazione irregolare.

  • Dr. Raja SHAHED

    Doctorate Degree in Defense and Security Science (PhD)

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