Perché la destra non sarà mai dalla parte dei più deboli la Grande Illusione dei sovranisti vicini a periferie e ultimi

Perché la destra non sarà mai dalla parte dei più deboli: la Grande Illusione dei sovranisti vicini a periferie e ultimi

Non c’è la Destra, ma tante destre tra loro. Alcune sembrano condividere i valori della sinistra, eppure rimangono destra. Come mai? Qual è allora l’idea di sinistra che non potrebbero mai accogliere? Provo a dare una risposta. Lo sapevate che esiste una destra antistatalista, ambientalista e pacifista?

Ora, la destra può anche essere cristiana. L’intellettuale rumeno della ND Vintila Horia prese le distanze dal paradigma neopagano di Julius Evola. Eppure nel cristianesimo di una parte della ND ritroviamo sempre quell’enfasi sulla gerarchia che sta al centro di Cavalcare la tigre di Evola (1961). Si può anche dichiarare, sinceramente “Sono Giorgia, sono una madre, sono una cristiana…”, ma si tratta di un messaggio divisivo, polemico, identitario, al fondo pochissimo cristiano. Il punto è che la destra, vecchia e nuova, tradizionale e radicale, non riesce a digerire l’idea cristiana di uguaglianza creaturale, e dunque la società democratica come rifiuto di ogni gerarchia naturale. Tutti sono uguali ma lo straniero, il migrante, il detenuto, il transgender sono meno uguali degli altri.

Se penso all’antiamericanismo, potente collante della ND, mi viene in mente Tocqueville. Quando il giovane aristocratico liberale Alexis de Tocqueville sbarca in America, nel 1831, viene subito colpito dall’”uguaglianza delle condizioni”: non solo uguaglianza civile, davanti la legge ma sostanziale uguaglianza sociale, plasmata da abitudini comuni (naturalmente privilegia le istituzioni comunali del New England, che solo in un secondo momento saranno da modello agli stati del Sud schiavista, ma morì prima della Guerra di Secessione).

Tocqueville non mitizza la democrazia americana, e anzi ne vede i rischi di involuzione autoritaria (la tirannia della maggioranza) appena arginati dalla Costituzione, o il razzismo diffuso (“il pregiudizio della razza mi sembra più forte negli stati che hanno abolito la schiavitù….”) però è conquistato dall’idea di uguaglianza, un’idea che una volta entrata nella Storia non può esserne più espunta, e che è incarnata non tanto e solo nel suffragio universale quanto nelle giurie popolari, in cui la verità non è appannaggio della competenza dei pochi ma viene espressa da comuni cittadini: “ogni uomo, per il fatto di essere debole come gli altri, sentirà un uguale bisogno dei suoi simili… e scoprirà che per lui l’interesse particolare si confonde con l’interesse generale”.

Il fascismo, dal punto di vista antropologico, tende a rimuovere la debolezza dell’essere umano: proprio ciò che abbiamo tutti in comune! Prendiamo la frase roboante e falsa di Ezra Pound, divenuta slogan di un Movimento: “Se non sei disposto a morire per un’idea o non vale niente l’idea o non vali niente tu”. Frase falsa perché nella Storia spesso la gente si è fatta ammazzare per idee fasulle, e anche perché nessuno nasce coraggioso, come sapeva Orwell volontario nella guerra di Spagna (si tratta di una disposizione accidentale, che può manifestarsi per ciascuno in certe circostanze e poi sparire). Ecco, mi piacerebbe sapere cosa pensa la Nuova Destra di questa frase poundiana. C’è davvero qualcuno che “non vale niente”?

Ora, la destra sociale, che vuole il Welfare a favore dei disagiati e che tempera la gerarchia con il comunitarismo, sembra ribaltare questo schema. Ma la sua “comunità” è tutt’altro che inclusiva, il suo “popolo” è tutt’altro che universalistico, e anzi si cementa sempre contro qualcosa e contro qualcuno. Il famigerato “prima gli italiani” nega l’universalismo e cosmopolitismo naturale che hanno sempre avuto gli italiani, in virtù della loro storia. Per Mussolini, che scarica le tensioni sociali sull’impresa coloniale, libici ed etiopi (e poi ebrei) erano meno uguali degli altri. Infine: sì, qualche volta aiutava il il suo “popolo”, ma solo a condizione che obbedisse.

L’idea cristiana di uguaglianza significa soprattutto una cosa: anche un idiota, o chi viene considerato tale, un “povero di spirito” carente di intelligenza e cultura, deve poter esercitare il suo pezzo di sovranità. Il “merito”, ovunque disatteso in Italia, è tutta un’altra cosa, e riguarda abilità tecniche, che certo vanno valorizzate. Ma il tema è un altro: la vita della persona più emarginata, primitiva, miserabile, perfino priva di dignità ai nostri occhi, la persona che riteniamo la più impresentabile e “immeritevole”, conta – evangelicamente – come quella dei sapienti e degli eroi.

  • Dr. Raja SHAHED

    Doctorate Degree in Defense and Security Science (PhD)

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